Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

martedì 23 marzo 2010

Intervista a Luigi de Magistris (a cura di Gianfranco Ravaglia)


Caro De Magistris, prima di tutto la ringrazio per questa conversazione telefonica su alcuni temi che caratterizzano il nostro blog. Essi evidentemente stanno a cuore anche a lei, ma ben poco al mondo politico. Il fatto che la disoccupazione sia una tragedia non esclude che sia una tragedia anche il modo in cui vengono trascurati, feriti e lasciati soli i bambini. Un bambino che soffre in solitudine deve irrigidirsi, distrarsi, chiudersi. Deve crescere cercando di sentire poco, per paura di sentire “il vuoto”. Deve limitare lo sviluppo delle sue potenzialità. Poi si trova in un mondo pieno di altri bambini cresciuti male e “dà il suo contributo” ad una società che ignora la tenerezza, la compassione, l’affetto, la solidarietà, l’impegno. Una società in cui si vive male, in cui non si sa “che cosa si viva a fare”, in cui si ammazza il tempo e ci si perde nel mondo della TV, dei pregiudizi, del conformismo o della protesta inconcludente.
In questo incrocio in cui convergono percorsi interiori, comportamenti distruttivi e politica, si colloca la sfera dei valori che le sta tanto a cuore.

PRIMA DOMANDA
Vogliamo cominciare dai bambini e dal modo in cui la società si occupa di loro?

DE MAGISTRIS Prima di tutto preciserei comunque che il mondo della politica include molte componenti, alcune delle quali sono sensibili ai problemi delle persone e quindi anche dei bambini, mentre altre sono sensibili ad interessi che nulla hanno a che fare con il bene di tutti. Per quanto mi riguarda, mi sono sempre impegnato a favore dei diritti dei più deboli. L’educazione dei bambini è una realtà importante e delicata da cui derivano direttamente o indirettamente molte conseguenze: il consolidamento di modelli culturali vuoti oppure l’affermazione di valori profondi, il conformismo oppure la spinta alla riflessione critica sulla realtà, la valorizzazione dei meriti o delle “furberie”, il disinteresse oppure la partecipazione alla vita sociale.
La famiglia e la scuola hanno un ruolo molto importante nella formazione della generazione di domani, e costituiscono aspetti della società che la politica dovrebbe tutelare.


SECONDA DOMANDA
Ora le sottopongo una questione un po’ più precisa Non si può trovare un solo pediatra o un solo psicologo dell’età evolutiva capace di dimostrare che lo svezzamento debba avvenire al sesto mese per il bene dei piccoli. Eppure, più le donne sono disagiate economicamente, più sono costrette dalla legislazione del lavoro a svezzare i bambini prima del sesto mese.
Sindacalisti, femministe, preti, medici, psicologi e politici non hanno mai preso un’iniziativa seria, volta a garantire la vicinanza della madre ai bambini per tutto il primo anno di vita. Nel primo anno si costruiscono le sicurezze di base dell’adulto di domani oppure si costruiscono le chiusure più subdole e pericolose in presenza di un accudimento inappropriato.
Non mi riferisco a lei, ovviamente, ma per svegliare i “cuori duri” della sinistra si può aggiungere il ragionamento secondo cui rovinare i cittadini fin dalla culla comporta conseguenze disastrose, anche materiali ed economiche negli anni successivi. A me, in ogni caso, bastano le conseguenze in termini di sofferenza immediata e di limitazioni nella capacità di vivere pienamente in seguito.
Ha senso fare politica dimenticando i bambini? E’ inevitabile concludere con Francois Truffaut che, siccome loro non votano e le giovani mamme sono poche, la politica se ne deve fregare? E’ possibile che si debbano trovare i soldi per ripianare i debiti di Comuni che hanno fatto operazioni “finanziarie” demenziali, e non si possano trovare i soldi per fare un gesto d’amore collettivo verso i cittadini più fragili e bisognosi?

DE MAGISTRIS – In me trova un terreno fertile, dato che sono anche padre di due figli. Capisco benissimo che se la società non tutela adeguatamente la famiglia nella sua funzione di accoglienza primaria dei bambini, produce effetti a catena che possono avere gravi conseguenze anche sul piano della devianza sociale.
L’essere madre è un diritto delle lavoratrici e tutto ciò che favorisce il consolidamento di un rapporto affettivo ed educativo fra madre e bambino va assolutamente valorizzato. Lasciare i bambini a se stessi sicuramente è doloroso per i bambini e dannoso per la società.. Purtroppo nell’immediato la crisi che colpisce i lavoratori e le lavoratrici rende significativo già l’obiettivo di non peggiorare la situazione attuale. Sulla questione è sicuramente il caso di discutere quali possano essere le soluzioni migliori per il futuro.


TERZA DOMANDA
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (Art. 4 della nostra Costituzione).
La cassa integrazione non è una "scelta", ma un’imposizione (nel senso di un male minore “obbligato”, se l’alternativa è una condizione di disoccupazione non retribuita), in violazione del citato art. 4. La cassa integrazione non è un'attività lavorativa, ma è una retribuzione per un’inattività lavorativa. La cassa integrazione ostacola il pieno sviluppo della persona umana (in violazione dell'art. 3). Se il lavoro è un diritto, l'elemosina non rispetta tale diritto.
Poiché è compito dello Stato garantire i diritti dei cittadini, dato che gli imprenditori privati cercano prima di tutto di garantire i propri interessi, l'unico ammortizzatore sociale "costituzionale" statale, nei casi in cui i privati licenziano i dipendenti, dovrebbe essere un lavoro temporaneo svolto presso un Ente Pubblico. Ci sono, secondo lei, dei motivi che rendono improponibile l'idea che lo Stato assegni dei lavori retribuiti anziché delle elemosine a chi vuole lavorare (avendone il diritto) e non ha ancora trovato o ha perso un lavoro adeguato alle proprie aspirazioni?

DE MAGISTRIS – La risposta è fin troppo semplice: è chiaro che tutti dobbiamo lavorare per garantire la piena attuazione dei principi costituzionali. Già l’articolo 1 recita: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Il lavoro non è un dato trascurabile ed è ovvio che le forze politiche sensibili alla Costituzione devono fare tutto il possibile per garantirlo. Purtroppo sappiamo che spesso il lavoro è precario, che alcuni lo ottengono con raccomandazioni e che altri lo perdono. La cassa integrazione non risolve ovviamente le problematiche, ma è una realtà che per ora va consolidata. Costituisce un appiglio per persone che sono in situazioni di grave disagio e quindi resta uno strumento importante, anche se, paradossalmente, costituisce il segno di un fallimento nell’integrale attuazione del dettato costituzionale.

QUARTA DOMANDA
Nel blog siamo molto critici nei confronti delle religioni istituzionalizzate. Questo atteggiamento accomuna chi nel blog ha convinzioni atee, spiritualiste o religiose. Contestiamo la (purtroppo normale) confusione fra convinzioni teologiche legittime e moralismo e abbiamo soprattutto contestato [nel POST, firmato da molti di noi, Bambini religiosi?] l’imposizione di contenuti religiosi attuata nei confronti dei bambini.
Le voglio ricordare una citazione del lontano 1969 di Giulio Girardi (allora ordinario di filosofia teoretica nello ateneo salesiano di Roma) che oggi, da non credente, trovo ancora entusiasmante: “Nonostante la fiducia nella verità di cui è portatrice, essa [la Chiesa Cattolica] sa che, puntando unicamente su libere adesioni, rischia di rimanere minoritaria in molte nazioni e nel mondo intero; sa inoltre che il suo altissimo programma sarà attuato dalle masse in misura molto limitata. Tuttavia essa ritiene più conforme all’indole della sua missione, più atto a ottenere l’adesione vitale che essa sollecita, il metodo del confronto libero, pur con i suoi limiti e i suoi rischi” (Marxismo e cristianesimo, Cittadella Editrice, Assisi, p. 77).
Nel suo libro Giustizia e potere [cfr. il POST-RECENSIONE recentemente pubblicato] lei manifesta, da credente, in modo coerente le sue convinzioni, prendendo posizioni radicalmente laiciste. Le chiedo quindi di accennare a questo aspetto delicato e importante della sua formazione e del suo modo di pensare.

DE MAGISTRIS – Sono un convinto sostenitore dello Stato laico e, pur essendo credente, non apprezzo la chiesa che diventa centro di potere. Seguo il Vangelo di Cristo nel mio percorso interiore e considero importante il modello rivoluzionario di vita predicato da Cristo sulla base di valori come l’eguaglianza, la giustizia e la fraternità.
Non mi piacciono quindi nemmeno le discriminazioni fondate sulle convinzioni religiose, e penso che una società moderna debba tutelare le sue varie componenti culturali. Ovviamente, bisogna riconoscere che il cattolicesimo costituisce la principale religione del nostro paese e ciò ha necessariamente anche dei riflessi sui rapporti istituzionali fra Stato e Chiesa. Tuttavia sono per il multiculturalismo e per la realizzazione di rapporti costruttivi e positivi fra le varie religioni, oltre che fra lo Stato ed i rappresentanti delle varie religioni.

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