Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

domenica 20 dicembre 2009

Meditazione e preghiera

In un articolo precedente (cfr. Le seghe mentali) si è evidenziato come l'uomo abbia una tendenza naturalmente nevrotica a causa della caratteristica intrinsecamente ossessiva del meccanismo "pensiero": cioè a fronte di una tensione non risolta reagisce con le "seghe mentali". Si è anche detto che la meditazione è (assieme a pochissime altre cose) un antidoto alle seghe mentali, perché tende ad acquietare la mente e a far cessare il pensiero.
Sul termine "meditazione" c'è però un po' di confusione. In italiano, infatti, "meditare" significa "considerare a lungo e intensamente un problema, impegnando tutte le proprie facoltà spirituali" (Devoto-Oli, Vocabolario illustrato, 1987).
Cioè si fanno riflessioni, anche articolate su un argomento: si sviluppa e si produce pensiero.
Spesso il termine assume una connotazione spirituale, secondo però una concezione dello spirituale contaminata dal religioso.
Si può meditare sull'acquisto di una nuova casa (e non è una meditazione spirituale) oppure meditare sull'estetica regolarità delle geometrie ottenute da funzioni frattali (e non è una meditazione religiosa).
Anche meditare sulla bellezza di una rosa non è una meditazione religiosa ma solo spirituale. A meno che non si sia convinti che la bellezza del creato venga da dio. A meno che non si sia già convinti.
Io, che non sono religioso, posso anche meditare sul divino, sulle caratteristiche della divinità ma mantenermi su una meditazione solo spirituale.
E' quindi l'atteggiamento del meditante che determina la caratteristica della meditazione. La meditazione con l'acquolina in bocca sul paradisiaco giardino dell'Eden e dei suoi frutti è solo la fantasia di un affamato, non una meditazione religiosa né spirituale.
Questa precisazione è forse un po' pedante ma il monopolio delle religioni istituzionalizzate sulle questioni spirituali mi scatena l'orticaria.
Gli equivoci secondo me non sono finiti e dobbiamo procedere con ordine. Sul termine "preghiera", per fortuna gli equivoci sono un po' meno, ma c'è ancora da grattare. In italiano "pregare" significa "chiedere, con cortesia e calore, che una cosa venga concessa non come dovuta ma come prova di condiscendenza, favore, generosità, magnanimità / Rivolgersi con umiltà e fervore, con la parola o col pensiero, a Dio, alla Madonna, ai Santi" (Devoto-Oli, Vocabolario illustrato, 1987).
È cioè una richiesta: c'è un supplicante e un supplicato.
Il "Cantico delle creature" attribuito a S. Francesco non si prefigura come una preghiera perché non si richiede ma si ringrazia per la bellezza del creato: “Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
/spetialmente messor lo frate Sole, /lo qual è iorno, et allumini noi per lui”. Vi si contempla la bellezza con un sentimento di gioia e di gratitudine: è una meditazione.
Il "Padre Nostro" invece è una preghiera, perché contiene delle richieste: "dacci oggi il nostro pane", "liberaci dal male", ecc.
Quello però a cui voglio arrivare è il "Rosario". Chi di noi ha (dovuto?) potuto recitarlo si ricorderà di aver provato un primo sentimento superficiale: "due palle cosí". Ma appunto superficiale e probabilmente non pienamente compreso neanche da chi, istituzionalmente, lo propone come preghiera. La questione del rosario è invece molto interessante come punto di partenza per una riflessione più articolata sulla spiritualità.
A complicare il quadro però c'è anche il significato tecnico che ha la parola "meditazione". Si riferisce ad una procedura (per lo più mentale ma può essere corredata da gesti fisici) codificata allo scopo di raggiungere un certo stato di coscienza, più precisamente "il silenzio interiore". Questo è il significato principale a cui ci si riferiva in apertura e nell'articolo sopra citato.
La procedura sfrutta la natura ossessiva della mente e le offre un oggetto su cui lanciarsi, che non generi tensione, distogliendola dagli oggetti che invece generano tensione, fino all'esaurimento della carica tensiva stessa.
Concentrare l'attenzione su una fiammella in una stanza in penombra, ascoltare ad occhi chiusi l'acqua che scorre gorgogliando, ripetere una parola o una frase, sono esempi immediati per una tale procedura. Sono esempi simili nel concetto ma non è detto che siano equivalenti in termini di efficacia: rimandiamo però la discussione sull'efficienza ad un altro momento.
Per la verità anche la ripetizione ossessiva di alcuni gesti può portare ad effetti dello stesso tipo, come nel taijiquan (o ta’i chi ch’uan) e poiché la mente tende a concentrarsi sul movimento in corso, anche fare tante vasche avanti e indietro in piscina, ricamare all'uncinetto, marciare a passo costante, ecc. possono avere quindi gli effetti di una meditazione. Ovviamente in questi ultimi casi le fonti di distrazione sono più numerose, ed inoltre l'attività fisica alza il livello di attività metabolica dell'organismo, cervello compreso, rendendo meno immediato l'acquietamento della mente. Alcuni gesti, però, esplicando una funzione ritmica, sembrano rinforzare il carattere ossessivo della pratica e quindi concorrere al suo successo. Ovviamente ogni scuola di pensiero sulle tecniche di meditazione vede il proprio metodo come il migliore: con o senza gesti di accompagnamento, con o senza controllo della respirazione, ecc. Non ci imbarchiamo qui in una disamina, ma ci limitiamo a considerarne il minimo comun denominatore, che è la ripetitività. In particolare ci interessa la ripetizione verbale o non verbale (solo pensata) di suoni, parole o frasi per poterla confrontare con la preghiera.
La prendo un po' alla larga, per poter vedere la questione da diverse angolazioni a suggerire altre riflessioni.
Così come alcuni gesti fisici possono accompagnare la meditazione in senso tecnico, così altri gesti devozionali possono accompagnare la preghiera. Per esempio accendere una candela o bruciare i bastoncini di incenso come offerta a un dio (per ottenere per esempio un perdono, se è vero che funziona) è una procedura devozionale e siamo abituati a vederla come parte di una preghiera. Ma bruciare gli incensini perchè il loro aroma induce un rilassamento e un rallentamento del respiro (per ottenere per esempio un più facile stato di "trance", se è vero che funziona) è una procedura tecnica, cioè fa parte di una meditazione in senso tecnico, esattamente come lavarsi i denti per prevenire la carie. Questo sarebbe un criterio di distinzione anche utile, ma è molto labile, in quanto entrambe (se funzionano) possono configurarsi come procedura tecnica: produrre un'azione per causare un effetto (brucio-sono perdonato, brucio-vado in trance).
La discriminante principale allora è un'altra e vale sia per i gesti di accompagnamento che per la pratica principale.
La preghiera comunemente intesa è una procedura verbale rivolta ad altri per determinarne un loro cambio di stato (per esempio da maldisposti a bendisposti al perdono), mentre la meditazione è rivolta a se stessi per determinare un proprio cambio di stato (per esempio da mente affollata di pensieri a mente quieta).
Va sottolineato che la preghiera mira sostanzialmente ad un cambio di stato del ricevente, lasciando al ricevente la libertà di non cambiarlo. Nel caso in cui la procedura verbale sia iniziata con l'intento e la convinzione che quelle parole abbiano il potere di cambiare lo stato del ricevente a prescindere dalla sua volontà allora non è più una preghiera ma una formula magica.
E' abbastanza ovvio ma lo esplicitiamo per completezza: una procedura con cui si richiede a qualcuno o qualcos'altro che ci conceda lo stato mentale del silenzio interiore è una preghiera dove l'oggetto della richiesta è il medesimo obiettivo che ha la meditazione. In questo caso il supplicante aspira al medesimo risultato del meditante senza fare un lavoro su di sè ma sperando di convincere qualcuno a concederglielo, quindi prega e non medita.
Ribadiamo quindi che la discriminante principale tra meditazione e preghiera sta nella natura e nella causalità delle cose e non nella volontà di un terzo.

Anche la preghiera, evidentemente, può essere non religiosa. In effetti si può rivolgere una supplica anche ad un (comune?) mortale (per esempio ad un politico per ottenere un favore). In ogni caso l'esito della preghiera viene determinato dalla volontà del destinatario: il politico di cattivo umore non ci accorda il favore come il dio un po' permaloso e vendicativo non ci perdona.
La meditazione in senso tecnico invece si connota per una relazione causa-effetto, riproducibile, ripetibile. Non si può dire che tale relazione sia scientifica, in quanto le reazioni possono essere piuttosto soggettive, soprattutto per quanto riguarda la valutazione del proprio stato mentale e psicologico (senso di benessere, di lucidità, di pace ecc.). Alcuni parametri però, soprattutto quelli fisiologici (come ad esempio ritmo cardiaco, respirazione, marcatori di stress nel sangue) od alcuni psicologici (come ad esempio la soglia di attenzione, concentrazione, velocità di risposta) possono essere oggettivati scientificamente con dei test, sia individualmente che statisticamente su un gruppo. A questo riguardo si può consultare Neurofisiologia dell'illuminazione (di Robert K. Wallace, Ed. Tecniche Nuove), che illustra questi risultati basandosi su qualche migliaio di studi scientifici, con l'avvertenza che l'autore è un fautore della Meditazione Trascendentale.

Come anticipato nell'articolo sopra menzionato, con "meditazione" si intende generalmente una pratica per ottenere il silenzio interiore.
Questo non è il silenzio verbale da parte di chi la pratica, ma il silenzio della voce interiore, cioè la cessazione dell'attività di pensiero.
Quindi ritirarsi a meditare su un testo sacro che narra della vita di Gesù e pensare ai suoi miracoli, al suo sacrificio, ecc. non è "fare meditazione", cioè non è meditazione in senso tecnico, perché è una attività di pensiero, cercata ed alimentata. Cioè è uno stato di attivazione della mente pensante. Ovviamente non è nemmeno una preghiera. Più correttamente sarebbe meglio dire che si tratta di una riflessione storica e morale.

Riepiloghiamo, quindi:
la preghiera è una richiesta di qualcosa a qualcuno;
la meditazione non tecnica è (sarebbe meglio chiamarla) una riflessione;
la meditazione (tecnica) è una procedura ripetibile per ottenere il silenzio interiore.

La ripetizione ossessiva delle parole "Gesù è buono" non è sicuramente una preghiera ma è una meditazione in senso tecnico. Cioè, come richiamato nell'articolo di prima e spiegato più diffusamente in Come smettere di farsi le seghe mentali (di G.C. Giacobbe, Ed. Ponte alle Grazie), trattandosi di un pensiero ossessivo su un oggetto che non genera tensione, si configura come sega mentale positiva: interrompe il flusso ordinario dei pensieri, togliendo loro spazio mentale, e attenuando, fino a farla scomparire, la tensione ad essi associata. Lo stato tensivo è una situazione di sofferenza e per questo la meditazione è benefica.
Lo stesso effetto sulla mente potrebbe essere ottenuto con la recitazione ossessiva di "l'acqua è chiara".
O meglio: quasi lo stesso effetto.
In Neurofisiologia dell'illuminazione sono riportati diversi studi scientifici che mostrano come i mantra di un certo tipo abbiano un'efficacia maggiore, per lo meno rispetto ad alcuni indicatori fisiologici, psicologici ed emotivi.
Le distinzioni fondamentali che possiamo fare sono tra mantra significativo e non significativo, e dato un mantra significativo tra significato neutro e non neutro.
Nel primo caso, la differenza tra "acqua chiara" e "fitz" è evidente: l'acqua evoca qualcosa, "fitz" non evoca niente, a meno che il meditante non gli associ un forte significato onomatopeico che richiami alla mente altre cose. L'evocazione genera altri pensieri: sembrerebbe allora che il mantra significativo sia meno potente.
Alcuni risultati riportati nel testo citato sembrano confermare, ma c'è una sorpresa, che passa attraverso la seconda distinzione, tra significato neutro o non-neutro. Il mantra "bottiglia" è significativo ma neutro: raffigura un oggetto e basta. "Bottiglia di essenze celestiali" è significativo ma non si limita a raffigurare un oggetto e il suo contenuto perché sposta l'attenzione su qualcosa di prezioso, sensualmente piacevole e che eleva lo spirito: ha cioè delle valenze che incidono sullo stato d'animo e sullo stato mentale del meditante. Questa è la base di quella che potremmo chiamare la via del cuore: evocare nel meditante uno stato piacevole, positivo, arrendevole nei confronti di un regime di funzionamento mentale (acquietante) che ha un movimento contrario a quello usuale (eccitante) che per sua natura vi si oppone (le seghe mentali tendono ad auto-alimentarsi).

La meditazione ha come obiettivo il silenzio interiore perché è il prerequisito per l’illuminazione. Infatti se potessimo vivere ogni momento senza seghe mentali, vivremmo sempre a mente limpida e a cuore aperto.
E’ nell’esperienza di tutti che nella maggiore lucidità si compiono meno errori e nella maggiore consapevolezza la comprensione delle cose della vita è più ampia. Questo in genere si traduce in una maggiore felicità, anche quando la consapevolezza porta a (ri)conoscere un certo grado di sofferenza, perché porta a pensare e ad agire in maniera armonica e adeguata allo stato delle cose, esattamente come ammettere (consapevolezza) di avere freddo (situazione di sofferenza) permette di procurarsi una coperta (risposta adeguata) per stare caldi (maggiore felicità).
Possiamo allora definire illuminazione lo stato mentale di massima consapevolezza e lucidità, senza stress.
Questo stato è molto difficile da mantenere costantemente nella vita di tutti i giorni, perché la vita reale è stress. Minimizzabile ma non eliminabile in maniera assoluta in quanto i costituenti fondamentali della vita stessa sono basati su processi di trasformazione, dinamici, non indefinitamente quieti. Qualcosa viene distrutto e qualcos’altro viene creato, ad ogni livello: le cellule del nostro corpo muoiono e vengono rimpiazzate, il cibo viene digerito e i prodotti chimici di scarto sono tossici e devono essere smaltiti.
C’è quindi una tensione continua, anche se non percepita, e non meraviglia se anche a livello mentale si presenta una certa tensione costante: cercare di rimanere vivi è stressante, crea tensione, nel nostro normale stato di coscienza. E quindi le seghe mentali sono inevitabili, nel nostro normale stato di coscienza.
L’illuminazione permanente diventa possibile solo in un diverso stato di coscienza, e la letteratura tecnica sull’argomento è ricchissima.
L'illuminazione può presentarsi anche solo per qualche instante, ma in ogni caso la disposizione d'animo di devozione, amore totale e semplice accettazione della propria condizione, cioè una condizione di non-opposizione o non-resistenza, ne permette un più rapido raggiungimento, perché "la via del cuore" porta ad uno stato emotivo e psicologico non tensivo.
Questo atteggiamento nella cultura occidentale è riservato per lo più ai casi in cui ci si rivolge alle divinità (o ai santi, che rappresentano di fatto un pantheon anche nelle religioni monoteiste, rendendole in effetti politeiste) mentre in oriente questo atteggiamento viene riservato anche ai maestri (i guru). Mi preme sottolineare ancora una volta l'aspetto tecnico della via del cuore (o più comunemente e più erratamente, della fede): non c'è una concessione da parte di un ente terzo (dio o guru), ma c'é una diversa condizione mentale ed emotiva che rende fisiologicamente più facile il raggiungimento di in certo stato di coscienza. Ecco perché a volte, chi si accinge a meditare, prima compie un (breve) rito devozionale: per “aprire il cuore”. Notiamo quindi che certe caratteristiche "morali" come bontà, amore, fiducia incondizionate non rappresentano né un fine né una prescrizione per santificarsi o scansarsi un castigo come molte religioni istituzionali prevedono, ma sono un prerequisito per agevolare il raggiungimento dell'illuminazione. Cioè sono condizioni iniziali desiderabili per applicare con profitto un metodo.

Ovviamente qualcuno potrebbe dirsi devoto della Coca-Cola ed essere talmente ispirato da questa bevanda che attraverso la recitazione del mantra "le bollicine della coca" ottiene una via breve verso l'illuminazione.
O anche con la devozione al dio denaro e il mantra "il biglietto da cento".
Fermo restando la funzionalità tecnica di questi due esempi, è difficile che la funzione "turbo" della via del cuore all'illuminazione possa essere innestata sulla devozione ad una bibita o sull'accumulare ricchezza. Tale devozione, se reale, avrebbe una base talmente nevrotica, che la sega mentale benefica meditativa poco potrebbe anche solo per estinguere il normale flusso di seghe mentali negative, figurarsi per l'illuminazione.
Alla stessa stregua possiamo trattare altre prescrizioni religiose tradizionali (presenti in varie forme e grado nei diversi credi istituzionalizzati) come il non fare sesso o non eccedere nel cibo (o in certe occasioni non mangiare del tutto); chi di voi medita sa cosa vuol dire meditare con la pancia troppo piena o con una fantasia sessuale in pieno corso: la meditazione riesce male e le sensazioni fisiche non sono piacevoli. Non c'è bisogno che dio vi punisca: avete già una retroazione negativa sul vostro operato, senza tenere conto che in quella sessione più difficilmente avrete i benefici del silenzio interiore. Ovviamente da qui a diventare sessuofobici o maniaci dei divieti alimentari ne corre. Ancora una volta, questo avviene, perché nelle religioni istituzionalizzate si è persa la finalità tecnica della pratica spirituale, lasciando soltanto il guscio vuoto della pratica, diventata o tradizione o precetto "morale".

Riprendiamo finalmente allora il nostro rosario: è una litania, cioè la ripetizione ossessiva di una sequenza di frasi. Queste frasi possono anche essere preghiere: la sequenza base (la decina) è costituita da n.1 Padre Nostro, n.10 Ave Maria, e n.1 Gloria al Padre. Cioè è (sarebbe) configurata come una meditazione in senso tecnico, con una serie di mantra significativi, devozionali. Quando però viene presentata sganciata dalle finalità tecniche affiora il sentimento "due palle cosí", come ogni volta in cui non si capisce quello si fa.
Ciononstante ha un valore.
Sono abbastanza sicuro che chi si lava i denti senza aver fede nello spazzolino e nel dentifricio ottiene un livello di igiene e salute orale paragonabile a chi ce l'ha. L'eventuale bonus del "fedele spazzolatore" è probabilmente dovuto al fatto che, per esempio, ha una maggiore sensibilità al problema e mangia meno zuccheri e si lava i denti appena può.
Alla stessa maniera, la meditazione funziona sempre, non occorre l'adesione ad un particolare sistema di valori e credenze, perché funziona su base fisiologica.
Anche se non tutti gli effetti sono spiegabili su questa base molte scuole (che si rifanno ad antiche conoscenze) introducono quella che è una fisiologia allargata, dove il corpo (e la mente) sono più estesi rispetto a quanto comunemente inteso dalla nostra fisiologia medica occidentale dove la pelle è il confine esterno del corpo. Alcune di queste scuole introducono per esempio il "corpo eterico", una sorta di involucro (come lo è la pelle) che ha sue specificità funzionali, ed è costituito di una materia cosiddetta “sottile". Spesso i termini possono suonare inadeguati, soprattutto per chi è abituato al linguaggio e ai concetti scientifici tradizionali, ma dovrebbe essere evidente la differenza d'impostazione tra un sistema che cerca una tecnica o uno che tira in ballo la grazia divina. Nel primo caso si fanno approssimazioni e forse errori ma non si accetta di convivere con salti logici coperti dalla "fede", come invece avviene nel secondo (mi riprometto di ritornare su questi argomenti, in particolare sulla scientificità di certe affermazioni spirituali, per il momento si veda Spiritualismo e pregiudizi e Cara vecchia scienza).

In conclusione, quello che dovrebbe connotare la preghiera non è l’aspetto morale della faccenda, ma il puro aspetto devozionale per l’apertura della via del cuore.
Mi rendo conto di muovermi su un campo minato, e di fare molta fatica a definire "filosoficamente" cosa sia la via del cuore; tale difficoltà dipende anche dal fatto che mentre oggi è abbastanza chiaro il senso della meditazione (grazie anche al movimento new-age, seppur a volte giustamente deprecabile), lo è molto meno quello della preghiera (grazie ad alcuni atteggiamenti illogici delle religioni istituzionalizzate) ma anche accontentandosi di questa prima approssimazione fatta fin qui è possibile intravedere come la spiritualità abbia radici profondamente laiche, nel senso moderno del termine, riconoscibili nelle tecniche, nel lavoro su di sè e sulle condizioni di contorno fisiologiche, psicologiche e anche morali, ma intese come elementi reali, fattuali, non come elementi giuridici per sancire un premio o una punizione.

Marcello

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