Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

mercoledì 17 febbraio 2010

L'influenza della mente


Che il riciclaggio e la raccolta differenziata dei rifiuti sia una soluzione razionale ad un problema reale penso sia fuori discussione. Quando però solo una parte dei rifiuti viene differenziata e di questa solo una parte viene effettivamente riciclata (l'altra finisce comunque in discarica o incenerita assieme agli indifferenziati) mi chiedo perché impiego una quota del mio tempo a dividere l'immondizia. Come a molti altri, anche a me scoccia fare cose inutili, ma "meglio poco piuttosto che niente" un po' mi consola, e "bisogna iniziare, anche altri in seguito lo faranno" un po' mi incoraggia.
Questo vale per molte altre questioni, come aiutare i bimbi poveri o difendere gli animali maltrattati o andare a votare.
Che differenza faranno mai 100 Kg di miei rifiuti in più o in meno, un obolo in più o in meno, un voto in più o in meno?
E' il problema della goccia nel mare: con una goccia in più c'è sicuramente più acqua, ed è bene, ma di quanto si alza il livello? Cioè, ha senso?
E' evidente, ammesso che il ciclo completo dei rifiuti sia veramente operativo, che 100 Kg per ogni testa fanno una bella montagna di rifiuti, e che la cosa complessivamente ha senso.
Ma che senso ha compiere un'azione individualmente irrilevante che produce un effetto tangibile solo se anche (molti) altri la compiono?
Lasciando da parte questioni morali, che diventano facilmente moralistiche, vorrei fornire alcune suggestioni.

Generalmente l'idea che abbiamo del mondo è di tipo causale, cioè quando diciamo che una cosa succede, riteniamo che ci sia una causa che la origina.
Anche quando siamo di fronte a qualcosa che capita casualmente, difficilmente pensiamo che non ci sia nessuna causa per cui si origina.
Definire “il caso” invece non è facile.
Potremmo trovarci abbastanza d'accordo pensando al solito dado che viene lanciato e ad una delle sue facce numerate che esce, appunto, per caso.
Ovviamente "caso" qui non vuol dire che non ci sia una ragione per tale evento ma solo che non è completamente conoscibile e che quindi l'evento risulta imprevedibile. Dipende, infatti, da come teniamo in mano il dado, dal gesto per lanciarlo, dalla temperatura dell'aria che se è più calda offre meno resistenza e da una miriade di altri fattori che possono incidere sull'esito dell'evento. Sono tutte cause, ma nel loro complesso, la limitatezza del nostro comprenderle tutte fa sì che l'evento ci risulti imprevedibile, cioè casuale.
La casualità di un evento, quindi, è in relazione con l'estensione e la capacità della mente che tenta di comprendere l'evento stesso. Una mente ristretta vede poche cause conosciute e "sperimenta" una grande casualità. Una mente onnisciente invece potrebbe conoscere tutte le cause, e per essa non esisterebbe casualità (tranne che quella di eventi che non hanno nessuna causa, ma qui poi il discorso si fa controintuitivo e probabilmente più noioso).
Vista la finitezza e limitatezza della mente umana, riconosciamo allora al caso un ruolo importante nella vita, non solo dal punto di vista esistenziale.
Per esempio la generazione di numeri casuali ha importanza anche dal punto di vista tecnico, perché poter generare eventi in maniera imprevedibile è paradossalmente un elemento per generare sicurezza. Infatti, le tecniche di cifratura di certe serrature speciali, di allarmi, di carte di credito, di archivi computerizzati, sono basate sulla generazione di numeri casuali, che non potendo essere dedotti da una formula o da una legge non posso essere ricostruiti da malintenzionati che non conoscano direttamente i numeri della chiave.
In questo caso l'imprevedibilità ci dà sicurezza.
Nei computer i numeri casuali sono molto utilizzati e vengono generati con un funzione matematica. Questa, a partire da un numero iniziale detto seme calcola una sequenza di numeri con una distribuzione di probabilità statisticamente paragonabile a quella dei “veri” numeri casuali: si parla infatti di numeri pseudocasuali (http://it.wikipedia.org/wiki/Numeri_pseudo-casuali), perché se la funzione viene iniziata una seconda volta con lo stesso seme, produce la medesima sequenza (provare questo servizio: http://www.regione.emilia-romagna.it/sin_info/generatore/).
Esistono quindi degli accorgimenti e dei dispositivi (http://it.wikipedia.org/wiki/Generatore_hardware_di_numeri_casuali) che generano veri numeri casuali scegliendo, di volta in volta un seme diverso, che non dipende da una funzione matematica (praticamente deducibile) ma dagli stati fisici di un certo processo, come l'oscillazione degli atomi [1] in un cristallo (di fatto imprevedibile).

Veri generatori di numeri casuali invece sono stati adoperati per una trentina d'anni per indagare la connessione mente-materia dal progetto PEAR dell'Università di Princeton (http://www.princeton.edu/~pear/).
I generatori, lasciati liberi di funzionare producevano sequenze di milioni o miliardi di "0" e "1" con probabilità 50%, come atteso. Anche la presenza di una persona con l'attenzione rivolta ad altro non mutava questa stabilità statistica. Se invece ad una persona veniva chiesto di focalizzare l'intenzione di fare uscire, per esempio, "0", nella sequenza compariva un lieve scostamento dal 50%. Questo è stato provato anche con "1", con persone di diverso sesso, sedicenti sensitive oppure no, meditanti oppure no, ecc.

Altri generatori casuali disseminati sul globo sono stati utilizzati dal progetto GCP (http://noosphere.princeton.edu/) per verificare questa volta la connessione tra un effetto mentale di massa e la materia. I numeri sono stati generati e raccolti per diversi anni al ritmo di 1000 al secondo. In condizioni, diciamo così, neutre, la rappresentazione grafica della probabilità di uscita dei numeri corrisponde ad una forma a "campana", simmetrica e liscia.



Le circostanze furono che il progetto si trovò a cavallo dell'11 Settembre 2001. In corrispondenza dell'attacco alle torri di New York (per la verità con un paio d'ore d'anticipo) si registrò un’apprezzabile deformazione della campana. Questo ovviamente fu l'evento più clamoroso che ebbe un impatto massiccio sull'opinione pubblica in cortocircuito con l'attenzione mediatica; ma confrontando le sequenze di numeri, i ricercatori si accorsero che si registravano scostamenti in corrispondenza anche di altri eventi (emotivamente e mentalmente) "forti".

Il "come" questo avvenga non è noto, e si presta alle considerazioni più speculative, per cui questi rimangono due progetti ancora controversi. Per un approfondimento delle posizioni pro/contro si rimanda alle pubblicazioni, purtroppo solo in inglese, citate in questo articolo http://www.skepdic.com/pear.html, ma il fatto che un (giustamente) noto fustigatore delle facilonerie parapsicologiche e pseudoscientifiche e un (meno giustamente) giudice prevenuto su ogni questione fuori dell'"ordinario-ortodosso" scientifico, come il CICAP, non ne parli male, è di per sè interessante (http://www.cicap.org/new/articolo.php?id=102028).

Come se non bastasse, sono stati effettuati anche esperimenti che riguardavano la mente animale.
Il problema maggiore che si presentava era ovviamente quello di dire all’animale di desiderare che uscisse, per esempio, "0", ma la cosa fu risolta brillantemente.
Tutti avrete presente quelle macchinine giocattolo che, una volta lanciate in una direzione, se incontrano un ostacolo, un meccanismo a molla le fa arretrare di poco e cambiare direzione. Una versione più sofisticata venne approntata per gli esperimenti: l'elettronica di bordo aveva un generatore di numeri casuali in base ai quali veniva calcolata la nuova direzione (anche in assenza di ostacoli). Questa piccolo robot, lasciato libero di muoversi all'interno di un perimetro per un periodo sufficientemente lungo, finiva per spazzare tutta l'area. Cioè la scelta casuale della direzione garantiva la copertura uniforme del campo.
E' pure noto che i pulcini desiderano molto la vicinanza della chioccia, anche quando questa è una madre surrogato, cioè solo un pupazzo con certe sembianze, verso cui si è svolto l'imprinting iniziale. Una madre surrogato venne quindi montata su una macchinina casuale e i pulcini riuniti su un lato del campo. Ha del fantascientifico, ma la ripetizione degli esperimenti mostrò che la macchinina non copriva più uniformemente il campo ma tendeva, con un certo scostamento di probabilità, a ritrovarsi vicino al lato dove stava la gabbia dei pulcini.


(immagine tratta da I poteri straordinari degli animali, pag. 253, Fig. 16.1: "Il tracciato compiuto dal robot semovente durante gli esperimenti di Rene Peoc'h. A: esperimento di controllo con la gabbia vuota. B: esperimento in cui nella gabbia c'erano alcuni pulcini che avevano un giorno di vita e avevano subito l'im­printing con il robot." [per la citazione completa, cfr. nota [2] a fondo pagina]


Ovviamente, vista una certa connessione mente-materia, nessuno ci autorizza a credere di risolvere il problema dei rifiuti pensando "intensamente" di smaterializzarli. Sarebbe un pensiero magico. Ma nonostante il sorrisino, teniamo presente la connessione e andiamo avanti.

Un altro aspetto da considerare è la connessione molte-menti. Quello che molti meditanti riportano delle loro sessioni in gruppo numeroso è molto spesso solo una sensazione, di un fatto reale, è vero, ma difficilmente oggettivabile sul piano della normale esperienza. Alcuni ricercatori di neuroscienze hanno però provato a registrare i tracciati encefalografici dei praticanti, rilevando che il tracciato assume una forma tipica di quel particolare stato mentale (o di coscienza). Si rileva non solo che tutti presentano il medesimo tipo di onde, cosa che è dovuta alla meditazione riuscita di ciascuno come se la eseguisse in solitaria, ma tutti i tracciati sono sincroni, viaggiano all'unisono. Questo effetto di "coerenza" in presenza di certe stimolazioni viene esibito anche a certi bassissimi livelli della materia, per esempio nella realizzazione di un laser, dove gli atomi si eccitano alla medesima frequenza ed emettono luce dello stesso colore [cfr. nota [3] a fondo pagina]. Si genera cioè un "campo" e all'interno si manifesta la coerenza come se tutti gli oggetti immersi nel campo si comportassero come un unico oggetto. Una numerosa casistica mentale umana viene trattata nel libro Neurofisiologia dell'illuminazione (di Robert K. Wallace, Ed. Tecniche Nuove, già più volte citato nel post Meditazione e preghiera) che raccoglie un po' gli inizi degli studi di psicologia sperimentale, tuttora dibattuti e attuali.

Nello stesso testo si riportano anche altri esperimenti scientifici che hanno riguardato un particolare fenomeno di coerenza che insorge quando in un gruppo il numero delle menti che meditano contemporaneamente raggiunge una soglia critica: i tracciati encefalografici assumono la forma tipica anche nei soggetti che non stanno meditando. Un elemento degno di nota è che la soglia critica è un numero percentualmente molto basso rispetto al totale, definendo anche in ambito sociale un concetto simile a quello di massa critica in fisica, dove una reazione nucleare inizialmente alimentata su un gruppo di atomi raggiunge un livello di innesco oltre il quale procede spontaneamente senza alimentazione esterna [cfr. nota [4] a fondo pagina].

Abbiamo cioè finito con il considerare la connessione alcune-tutte le altre menti, e possiamo finalmente avviarci alla conclusione.

Esattamente come succede quando si sta male nel corpo e si va dal dottore o, in maniera ancora più evidente, quando si sta male “nell’anima” e si va dallo psicoterapeuta, il primo vero nostro cambiamento sulla via del benessere, non è tanto l’effetto della terapia (che ci abbassa il colesterolo o la frequenza degli attacchi di panico), ma la decisione di intraprenderne una. E’ la nuova situazione mentale che rende meglio risolvibile il malessere: decidersi per una terapia, significa in genere, riconoscere l’esistenza di un problema e destinare ad esso una certa quota di energia. Così, decidersi per la raccolta differenziata non incide tanto sulla massa di rifiuti raccolti, ma sulla nostra disciplina mentale di attenzione e cura verso l’ambiente. Questo vale per ogni tipo di problema di “grande scala”, dove il senso di impotenza e di frustrazione del singolo è enorme. Coltivare singolarmente pensieri ed azioni virtuose (o analogamente non coltivare elementi d’irrazionalità), aumenta comunque di una unità la massa critica “mentale” per l’innesco dell’effetto campo, a prescindere dalle dimensioni del loro effetto “materiale” rispetto alla scala del problema.
E’ una leva. E il rapporto è vantaggioso. Vale la pena tentare.

Marcello




Note e riferimenti


1. Oscillazione atomi
Faccio notare ancora una volta, che il "casuale" probabilmente non esiste, ma solo lo "sconosciuto". Perché anche l'oscillazione degli atomi obbedisce a leggi fisiche, ma l'oscillazione per un cristallo nel suo complesso (detta rumore termico) non è prevedibile istante per istante ma solo in media: si sposta cioè solo il livello di conoscenza e quindi di imprevedibilità.

2. La mente dei pulcini
Estratto dal libro di Rupert Sheldrake intitolato I poteri straordinari degli animali (Mondadori, 2000), pag. 251:
"In alcuni stupefacenti esperimenti con pulcini appena covati, il ri­cercatore francese René Peoc'h ha dimostrato che i pulcini instaura­vano un rapporto di dipendenza con una macchina invece che con la madre.
I pulcini appena covati, come gli anatroccoli e le ochette, sono soggetti al fenomeno dell'imprinting con il primo oggetto mobile che incontrano e lo seguono ovunque. In circostanze normali, l'og­getto è la madre, ma, se le uova vengono covate in un'incubatrice e gli uccelli appena nati incontrano un uomo, essi seguiranno lui. In esperimenti di laboratorio si possono perfino indurre i pulcini a le­garsi per «imprinting» con un palloncino che si muove o con altri oggetti inanimati.
Per i suoi esperimenti, Peoc'h utilizzava un piccolo robot che si spostava su ruote in una serie di direzioni casuali. Alla fine di ciascun movimento, la macchina si fermava, ruotava su se stessa com­piendo un angolo di ampiezza variabile, indi proseguiva in linea retta, fermandosi, ruotando di nuovo e così via: ampiezza degli an­goli di rotazione e lunghezza del tragitto in linea retta erano scelti da un generatore di numeri aleatori contenuto nel robot. Gli sperimen­tatori presero nota dei percorsi scelti dalla macchina ed ebbero con­ferma che erano casuali.
Peoc'h mostrò l'apparecchio ai pulcini appena usciti dal guscio; essi, a causa dell'imprinting, vi si legarono come alla madre e desi­deravano seguirlo, ma lo scienziato glielo impedì mettendoli in una gabbia dalla quale, però, potevano vederlo. I piccoli non potevano raggiungerlo, ma riuscirono a far sì che il robot si dirigesse verso di loro (fig. 16. 1). Il loro desiderio di essere vicini alla macchina riuscì in qualche modo a influenzare il generatore di numeri aleatori e l'apparecchio si tenne nei pressi della gabbia.
I pulcini che non avevano subito l'imprinting con il robot non riu­scivano a influenzarne il movimento.
In altri esperimenti, il Peoc'h tenne al buio alcuni pulcini che non avevano subito l'imprinting. Sistemò una candela accesa sul capo della macchina e mise i piccoli nella solita gabbia. Durante il giorno i pulcini preferiscono la luce ed essi «attirarono» a sé il robot per averne di più.
Lo scienziato francese fece altre prove. In alcune gabbie dalle qua­li il robot era visibile furono messi dei conigli, che sulle prime rima­sero spaventati dalla macchina e la respinsero, provocandone l'al­lontanamento. Poi, dopo parecchie settimane, non ne avevano più paura e tendevano a farla avvicinare a sé.
Dunque il desiderio, o la paura, di questi animali, aveva il potere di influenzare a distanza eventi di carattere aleatorio e di attrarre o di respingere il robot. È evidente che non sarebbe stato possibile se desideri e paure di quegli animali fossero stati imprigionati dentro il loro cervello. Al contrario, le loro pulsioni si tendevano verso l'ester­no e agivano sul comportamento della macchina.
Io interpreto questo influenza come un campo morfico che si proietta all'esterno, sull'oggetto dell'attenzione dell'animale, colle­gandolo a esso. Come un campo di intenzione può agire su un uomo o su un animale a distanza, può influire anche su un oggetto mate­riale. Nel primo caso l'intenzione agisce a distanza su un cervello in virtù della mediazione dei campi. Nell'altro, sempre tramite i campi, modifica gli eventi aleatori che avvengono in una macchina.
Per quanto ne so, nessuno per il momento ha ripetuto gli esperi­menti di René Peoc'h. Può darsi che in essi vi sia un difetto tecnico che nessuno è ancora riuscito a individuare. Ma, nel caso in cui fos­sero attendibili e ripetibili, ci troveremmo di fronte a una scoperta di grande importanza."

3. Laser e coerenza
"Il funzionamento dei laser è basato sul fenomeno dell'emissione stimolata di fotoni da parte di atomi eccitati. Un atomo può passare dallo stato fondamentale, corrispondente a un dato livello di energia, a uno stato eccitato, corrispondente a un livello di energia maggiore, assorbendo un fotone di frequenza ν = ΔE/h, dove ΔE è la differenza di energia tra i due livelli e h è la costante di Planck. Lo stato eccitato non è stabile e l'atomo può tornare spontaneamente al livello fondamentale emettendo un fotone di energia pari a quella richiesta per portarsi allo stato eccitato: si ha in tal caso emissione spontanea. L'emissione spontanea da parte di diversi atomi di una sostanza è casuale, quindi i fotoni emessi successivamente non hanno alcuna relazione di fase tra loro, ossia sono incoerenti. Se invece su un atomo allo stato eccitato incide un fotone di frequenza opportuna, l'atomo si diseccita cedendo la sua energia sotto forma di fotone avente la stessa frequenza e la stessa fase di quello incidente, ossia coerente con esso: si ha così un processo nel quale l'atomo libera, per emissione stimolata, un fotone la cui energia si somma a quella del fotone incidente".

4. Effetto Maharishi
Poiché la pratica della meditazione porta a serenità e a diminuzione dello stress, altri esperimenti sono stati condotti per verificarne l'incidenza sociale, valutando indici come criminalità e malattia in una popolazione. Alcuni risultati indicherebbero una soglia del'1% della popolazione praticante per ottenere una diminuzione dei crimini superiore all'10%, ma la situazione è controversa. Per un raffronto delle posizioni si veda http://en.wikipedia.org/wiki/TM-Sidhi_program#Maharishi_Effect.

Il fenomeno della centesima scimmia, citato anche da Rupert Sheldrake, è invece una leggenda, come ha ammesso il suo inventore Lyall Watson (http://en.wikipedia.org/wiki/Hundredth_Monkey).

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