Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

giovedì 24 settembre 2009

Oriana Fallaci, la cultura islamica e la sinistra

Oriana Fallaci è recentemente scomparsa, lasciando un vuoto difficilmente colmabile e purtroppo colmato, a mio avviso, da interpretazioni parziali e strumentali delle sue idee.
Ha partecipato, ancora ragazzina, alla resistenza e negli anni successivi, come giornalista e come scrittrice, ha trasformato in impegno appassionato l’amore per la libertà e per la cultura assorbito nella sua famiglia.
Ha avuto il dono prezioso di saper unire capacità di analisi e partecipazione emotiva in ogni riga pubblicata nella sua vita ed è sempre stata un incubo per gli intellettuali “organici” (“organici” a qualsiasi bandiera). La sua determinazione ad affermare valori profondi, smontando pseudovalori, ne ha fatto per molti un mito. E una spina nel fianco, scomodissima per tanti.

La produzione più controversa della Fallaci è comunque la trilogia sulla cultura islamica (La rabbia e l’orgoglio, La forza della ragione, Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci) scritta negli ultimi anni della sua vita. Vorrei fare alcune riflessioni proprio su questa piccola (quantitativamente) porzione della complessa mole di libri pubblicati dall’autrice, partendo da alcune mie sensazioni.

Pur provando abitualmente una fortissima indignazione appena leggo una frase che manifesta dei contenuti (anche sfumati o solo accennati) razzisti, xenofobi, etnocentrici, ho letto con passione, complicità e fortissima partecipazione i libri della Fallaci sulla tradizione islamica che da molti sono stati ritenuti espressione di una rozza e pericolosa intolleranza. Qualcosa non mi quadrava e quindi, riflettendoci, sono giunta a pensare che gli oppositori della Fallaci abbiano fatto una lettura “comoda” dei libri in questione. Ho anche concluso che tale loro lettura dipenda probabilmente da un modo di ragionare in fondo intollerante, anche se coperto da idee sostanzialmente giuste, apprezzabili e “progressiste”.
Il modo di ragionare delle persone purtroppo è spesso più complesso delle idee che ne derivano come risultato finale e proprio di questo vorrei parlare iniziando ad esplicitare il mio personale modo di ragionare. Poi passerò a quello della Fallaci e a quello dei suoi detrattori “di sinistra”.

Nella mia formazione sono stata aiutata a capire che non si può mai dividere il mondo fra buoni e cattivi, che tutti fanno del bene e del male e che spesso fanno del male credendo di fare del bene. Ricordo ancora una conversazione con mio padre in cui egli mi disse che secondo lui le persone spesso facevano del male perché non riuscivano a “tenere assieme tutte le cose”. Mi disse che quando si fa del male si mette da parte ciò che è scomodo da “maneggiare”. Lui era cattolico e praticante e ci siamo scontrati duramente quando ho cominciato ad allontanarmi dal suo orizzonte di cultura e di valori. La cosa più bella che mi ha detto è che secondo lui mi opponevo alla chiesa perché cercavo una chiesa migliore. In realtà io ero allergica a precise idee religiose che trovavo inaccettabili, ma egli aveva ragione a dire che nella mia opposizione affermavo anche dei principi che erano “religiosi” e in qualche modo traditi dalla religione stessa. In questo viaggio personale non ho mai dimenticato di essere in sintonia con lui su certe convinzioni basilari, nonostante le incomprensioni.

E allora, che c’entra la Fallaci? Sembra talmente incazzata da essere intenzionata solo a fare del male. Offende e sembra che scriva con una lametta anziché con la penna. Mescola cose diverse (la religione islamica e la cultura araba, la fede e l’integralismo, le tradizioni e il terrorismo) risparmiandosi precisazioni doverose. E colpisce con durezza, intransigenza, determinazione. Questo è ciò che hanno visto gli avversari “politicamente corretti” della Fallaci. Eppure io credo che non abbiano visto l’essenziale. Questo aspetto “essenziale” è proprio il motivo per cui leggendo i libri della Fallaci ho avuto sensazioni diversissime da quelle che ho leggendo un articolo sfornato da un cervello “padano”. Ho delle sensazioni diverse e non solo la percezione di una differenza (abissale) di intelligenza e di cultura.
Secondo me, questo elemento essenziale può essere riassunto così: la Fallaci non ha scritto una sola parola CONTRO qualcosa o contro qualcuno anche quando si opponeva, con la delicatezza di un ippopotamo, a idee o persone o gruppi, perché ha sempre lottato PER qualcosa. Questo è il punto. La Fallaci pone un problema di libertà, di libertà nel pensiero, nell’espressione dei sentimenti, nelle relazioni fra persone e gruppi. La rabbia, anche eccessiva, ma travolgente, della Fallaci è una rabbia indignata e rivolta contro situazioni o persone o idee contrarie alla vita, ma non è una rabbia contro la vita. Non è la rabbia di chi vuole calpestare, soffocare, regolare, imporre, limitare la libertà delle persone.
Se la Fallaci fosse viva e se gli islamici fossero perseguitati in Italia da un governo totalitario, cattolico, fascista, comunista o di qualsiasi “ispirazione ideologica” e se io fossi una donna islamica, mi fiderei di poche persone e tra queste proprio della Fallaci. So che direbbe che ho il diritto di pensare le mie stronzate e di agire di conseguenza se non faccio male a nessuno. Avrei meno fiducia nelle persone politicamente corrette e preoccupate della loro reputazione, della loro collocazione e sempre pronte a contrattare, magari sulla mia pelle.
C’è un abisso fra la parte della Fallaci e la parte degli intolleranti. Le due parti veramente opposte non sono la religione e l’ateismo, o la cultura occidentale e quella orientale, ma l’amore per la vita (e quindi per i nostri simili, per il pensiero, i sentimenti, la libertà, l’eguaglianza) e l’odio per la vita.

Oriana Fallaci ha scritto: “…non dimentico mai che le cose scritte possono fare un gran bene ma anche un gran male, guarire oppure uccidere. Studia la Storia e vedrai che dietro ogni evento di Bene o di Male c’è uno scritto. Un libro, un articolo, un manifesto, una poesia, una preghiera, una canzone. (Un Inno di Mameli. Una Marsigliese. Uno Yankee Doodle Dandy. O peggio: una Bibbia, una Torah, un Corano, un Das Kapital)” (La rabbia e l’orgoglio, p.19). Queste righe, per chi vuol capire e non ha già deciso fin dall’inizio cosa può e non può permettersi di capire, indicano la preoccupazione, la passione e la responsabilità militante che spingono l’Autrice a combattere. A combattere PER qualcosa. Qualsiasi suo giudizio negativo, aggressivo o anche feroce (meditato o “istintivo”, articolato o sferzante) nei confronti di persone, vicende, atteggiamenti parte sempre dall’amore per qualcosa che è stato soffocato, calpestato, offeso.

A me non disturba che si critichino nel merito alcune affermazioni della Fallaci o che si evidenzino in certi casi delle generalizzazioni anche ingiustificate. Sono in pieno disaccordo con alcune sue affermazioni. Ciò che non sopporto è che non si colga nel suo impeto polemico l’istanza basilare che regge tutto il suo discorso, che non è un odio cupo come quello di tutti i razzisti (e anche di tutti i bigotti di tutte le religioni), ma è un bisogno di salvare e proteggere, aspetti della vita molto fragili e spesso minacciati o calpestati.
Anche se Bin Laden non rappresenta certamente l’Islam o addirittura ne calpesta le istanze fondamentali e anche se le dittature teocratiche di certi paesi non riflettono i sentimenti del musulmano che vive nell’appartamento del nostro condominio, c’è una rigidità di pensiero che la Fallaci evidenzia sia negli estremismi, sia nelle versioni moderate dell’Islam. Una rigidità che (se si rilegge la citazione che ho appena fatto) lei stessa denuncia in altri terreni culturali apparentemente di segno opposto (il cristianesimo, l’ebraismo, il comunismo, ecc.). La Fallaci non odia né gli islamici, né i cristiani. Ha passato la vita a parlare con tutti e a ragionare sulle idee di tutti. La sua vera intolleranza è per l’intolleranza. Per quella che porta al terrorismo, per quella che porta a fare campi di concentramento e per quella che semplicemente porta a svalutare la spontaneità di un bambino, la femminilità di una donna o la libertà di qualsiasi essere umano.

La Fallaci ha scritto con rabbia, ma dalla sua rabbia filtra una sensibilità che non si trova né nello spirito “politicamente corretto” dei suoi detrattori di sinistra, né nello spirito davvero intollerante dei suoi (superficiali) ammiratori di destra, incapaci di cogliere l’irriducibilità della Fallaci al loro orizzonte mentale. Gli intolleranti si strappano l’anima e invidiano chi la conserva ancora intatta; odiano tutto ciò che associano al bene e che hanno soffocato in loro stessi. Gli intolleranti odiano la vita perché vivono come se fossero morti.
Le persone che respingono l’intolleranza possono a volte usare parole violente come granate (e la Fallaci è tra queste!), ma proprio in quel modo (anche discutibile) esprimono un amore che non va frainteso con l’odio. Questa è la differenza. Non capire questa differenza è un reato contro l’intelligenza e contro il cuore.

“Da ragazzina, ad esempio, credevo che la giustizia sociale si potesse raggiungere col socialismo. Finita la guerra mi iscrissi al Partito d’Azione che era un partito liberalsocialista … Poi il Partito d’Azione morì. Rimasi sola, da sola presi a riflettere quindi a crescere, e alle soglie della maturità compresi d’aver speso la mia gioventù nel culto d’una utopia o almeno di un equivoco. (…) Conclusi insomma che, nonostante le sue seduzioni, il socialismo non si poteva conciliare col liberalismo. E cambiai idea. Però, ecco il punto, sul tema della giustizia sociale non la cambiai. Il tema della giustizia sociale rimase in me come una spina nel cuore. E per chi non ha quella spina nel cuore provo un’istintiva ostilità anzi un’istintiva ripugnanza. Io non potrei mai schierarmi con la squadra di calcio che ha nome Destra. Tale idea non mi sfiora nemmeno quando lo sdegno per la squadra di calcio che ha nome Sinistra tocca lo spasimo” (…) Il fatto è che, contrariamente a loro io sono una rivoluzionaria. Del mondo che mi circonda non mi va bene nulla fuorché le conquiste della Scienza. Non mi va bene nemmeno il concetto di rivoluzione. La rivoluzione, per me, non è la ghigliottina di Place de la Concorde. Non è la presa del Palais d’Hiver a Pietroburgo. E tantomeno è il Corano che mette il burkah, s’imbotte di esplosivo, e la testa te la taglia col coltello halal. La Rivoluzione è la metamorfosi del baco che senza far male a nessuno diventa farfalla. Una bellissima farfalla. E vola” (Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, pp.114-116).
Dire che queste sono le parole di un’anticomunista reazionaria significa essere idioti o in malafede. Dire che sono le parole di una etnocentrica intollerante significa non capire nulla (anche se non è vero che il Corano prescriva il burkah o il terrorismo).

Ovviamente, la Fallaci è stata capita male o deliberatamente fraintesa, essendo una persona schietta e scomoda per tutti. Scomoda per i razzisti (che possono citarla ma non possono riportare il senso complessivo delle sue opere, ammesso che lo capiscano) e scomoda per gli intellettuali di sinistra che non hanno mai sciolto il nodo del laicismo nei confronti della chiesa cattolica e mantengono una passiva e ottusa disponibilità anche nei confronti della religione islamica ottenendo così tre risultati negativi: a) non sono realmente d’aiuto agli islamici che da un confronto leale con il laicismo potrebbero trarre utili stimoli di riflessione e sollecitazioni costruttive per una loro integrazione nella cultura contemporanea, b) lasciano alla destra l’esclusiva non solo delle idiozie ma anche della denuncia di aspetti discutibili (tradizionalisti, antifemminili, autoritari) di varie tradizioni culturali non occidentali, c) permettono alla destra di incanalare in una logica reazionaria dello scontro la possibilità di un confronto interculturale che potrebbe invece essere proficuo, se non ridotto a trattativa sindacale.
Il dialogo interculturale non si fa con concessioni, mercanteggiamenti e scambi di favori, ma con l’affermazione della laicità assoluta dello stato. Però, la sinistra non può favorire un dialogo di questo tipo, dato che ha sempre fatto compromessi con la chiesa cattolica e con il Vaticano.
Qui sta il nodo preoccupante e difficile da sciogliere: la sinistra è “tollerante” per paura di sembrare intollerante e per paura di sollevare questioni che, se toccate a proposito della cultura islamica, dovrebbero essere toccate anche a proposito della cultura cattolica.

Però questa è la sfida che la sinistra ha di fronte. La Fallaci non si fidava della sinistra e io nemmeno; tuttavia solo all’interno di quel mondo variegato che raccoglie la tradizione dell’egualitarismo si può ragionare su tali questioni. Tra le macerie della sinistra e della nostra cultura liberalsocialista sopravvivono i valori di tante persone che hanno un genuino spirito laico, libertario ed egualitario. Tale “spazio” è il naturale punto di incontro di tante persone per bene e non solo di politicanti. Anche se la sinistra è un disastro, non è condannata a restarlo per sempre, dato che ha aspirazioni basilari che la destra non ha e non può avere [cfr. il POST “Destra e sinistra come categorie politiche ed etiche”]. E’ difficile fare previsioni o anche manifestare ottimismo, Tuttavia bisogna tener presente che fuori da questo mondo “di sinistra” acciaccato e spesso confuso c’è il nulla e quindi a differenza della Fallaci penso che da qui si debba ripartire: non dall’attaccamento alle “radici cristiane” della nostra cultura che l’Autrice affermava (Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, p. 95), pur sottolineando il suo anticlericalismo.

Non starò a citare passi dei libri della Fallaci, né a cercare pezze d’appoggio autorevoli per “giustificare” la mia insofferenza nei confronti della cultura islamica (che NON è insofferenza verso gli extracomunitari). Sottolineo, che per quanto io sia estranea alla cultura cattolica e insofferente verso il potere e i privilegi che la chiesa ha acquisito e vuole mantenere nel nostro paese (con la complicità della sinistra), riconosco che su un punto il nostro mondo semi-laico manifesta una certa onestà intellettuale: nel nostro paese la fede cattolica è considerata, almeno in linea di principio, una scelta. Viene imposta ai bambini, ma nella società, nei rapporti fra adulti o fra persone e istituzioni, viene considerata una scelta. Nei paesi a maggioranza islamica non è così. In essi non è normale e scontato chiedere SE qualcuno è islamico o se professa un’altra religione o se è ateo o se ha convinzioni spirituali non religiose. La domanda è improponibile per via dell’intreccio strettissimo fra religione, famiglia, cultura, società e politica. Noi non chiediamo a nessuno se è marziano e loro non si chiedono se qualcuno è ateo o protestante. Prendono in considerazione questa domanda (guarda caso!) solo quando sono in occidente e in posizione di minoranza. Il problema sta nel fatto che in genere sono convinti di conoscere la verità di tutti e non di avere convinzioni legittime come le altre e, come le altre, provvisorie e rivedibili. Questa è la differenza.

Io non mi sento “patriota” come la Fallaci (semmai senza patria o cittadina del mondo) e ovviamente non posso condividere le sue affermazioni filoamericane o filo-occidentali o filofiorentine, ma trovo stimolante il suo modo di ragionare. L’autrice sottolinea l’aspetto compatto, rigido, poco propenso al confronto, al cambiamento, all’autocritica della cultura religiosa islamica. E questo aspetto mi dispiace più di quanto mi tocchino le divergenze sui contenuti.
Quando ero ancora bambina ricordo che furono i comunisti, non i fascisti a riempire le piazze dopo l’invasione della Cecoslovacchia fatta dall’Unione Sovietica. Ricordo che si parlava di “cattolici del dissenso” e in seguito lessi libri scritti da cattolici in polemica con l’istituzione ecclesiastica.
Avrei voluto vedere, dopo l’11 settembre le piazze del nostro paese piene di persone di fede islamica, infuriate contro il terrorismo islamico, contro gli stati teocratici islamici, contro l’integralismo islamico in generale che offende la loro autentica fede. Avrei voluto vedere persone indignate, avrei voluto camminare al loro fianco sotto uno striscione scritto in una lingua che non capisco, con donne senza i capelli nascosti da veli; avrei voluto gridare con loro che la religione è una cosa seria, per chi ci crede, e che non ha nulla a che fare con la violenza.
In altri momenti avrei voluto manifestare con le donne islamiche (e ovviamente anche con uomini della stessa fede) per l’abolizione dei privilegi della Chiesa nella scuola statale e avrei preferito non sentire proposte riguardanti l’insegnamento del Corano nelle scuole o almeno in qualche scuola.

Io sono troppo infastidita dalla nostra (in)cultura e dalla nostra decadenza, per mettere il problema dei rapporti con la cultura islamica al primo posto. Oltre a non essere ostile alle persone di religione islamica sono troppo incazzata per la religione della stupidità che in Italia sta ormai soppiantando la stessa religione cattolica [cfr. il POST “Favole e marziani”]. Però, pur preferendo posizioni non religiose, vorrei che una genuina religiosità venisse espressa dagli islamici come dai cattolici e seguaci di qualsiasi fede. Una religiosità fatta di valori, non di tabù, di amore, non di paura, di denuncia dell’integralismo islamico e cattolico, di apertura all’altro e non di tutela delle “radici”, delle tradizioni e di cose morte.

Elisa

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