Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

mercoledì 30 settembre 2009

Fritjof Capra e i semi della scienza

Fritjof Capra, divenuto famoso per "Il tao della fisica", ha scritto anche altri bei libri. "La scienza universale" (Rizzoli, 2007) non è proprio dei suoi migliori, ma espone concretamente un'idea interessante che andrebbe coltivata, e che secondo me va oltre la filosofia della scienza e raggiunge la condizione umana.
Capra, nella sua produzione, si è sempre interessato a mostrare come il paradigma scientifico moderno sia in transizione da un modello materialistico, deterministico, lineare, fatto di sistemi isolati ad uno non-materialistico, non-deterministico, non-lineare e di sistemi in rete.
In questo suo ultimo testo, mostra come, alla luce di nuovi studi, Leonardo da Vinci (1452-1519) fosse interessato ai fenomeni naturali e a coglierli nel loro complesso, con una visione che oggi definiremmo "olistica", con grande attenzione per le analogie e gli schemi molteplici ma in fondo unitari della natura. Come, ad esempio, la comprensione che egli ebbe, al di là dell'ingannevole prima percezione, che il moto dei corpi in acqua è regolato sostanzialmente come il moto di quelli in aria, poiché entrambi gli elementi in cui si muovono sono costituiti da un fluido. Quindi, pur non avendo formulato una teoria matematica della meccanica dei fluidi, aveva colto il principio unificatore. O, altro esempio, anche nell'osservare la ripetizione delle medesime geometrie nelle ramificazioni dei fiumi, nelle vene dei corpi animali, nelle nervature dei vegetali: come se la natura avesse uno stesso principio di "tessitura" a prescindere dagli ambiti. Gli ambiti, per inciso, sono il frutto di una astrazione e distinzione operata dall'uomo: se si decidesse di definire "vegetali" gli esseri senza sistema nervoso, allora le cozze non rientrerebbero più tra gli animali nei quali sono attualmente annoverate. Leonardo (vegetariano, peraltro) non disquisiva su questo, ma conduceva le sue osservazioni con sistematicità e metodo, approntava veri esperimenti e in alcuni casi aveva tentato approcci matematici, che lui chiamava "geometrici" perché utilizzavano una rappresentazione basata sulla trasformazione di figure invece che di formule.
Stava cioè iniziando una scienza.

Al di fuori del libro di Capra, più nota e consolidata è invece l'idea che la cosiddetta "Rivoluzione scientifica" sia cominciata con Niccolò Copernico (1473-1543) il quale mise in crisi il modello astronomico della Terra al centro dell'universo. Anche questo studioso, contemporaneo di Leonardo, affrontò la questione con sistematicità e metodo, privilegiando però il rigore matematico e analitico. La affrontò soprattutto con la visione e la scomposizione del fenomeno naturale in parti, poi rimpiazzate da enti astratti: la Terra e il Sole come due punti in cui si concentra la loro rispettiva massa e che si muovono secondo certi rapporti matematici.
Stava cioè iniziando, in contemporanea, un'altra scienza.

Fu quella continuata pochi decenni dopo da Galileo Galilei (1564-1642) con l'introduzione del metodo sperimentale e poi ancora da Newton (1643-1727) con il meccanicismo, che vede la realtà come un grande orologio. Cioè iniziava quella scienza che riduce il tutto in parti, le parti in sottoparti e le sottoparti in particelle, con una visione dei fenomeni che oggi si definisce "riduzionistica". Questa idea, che ci è così familiare, porta con sé, direi quasi, un sentimento più profondo, che non avvertiamo praticamente più ma di cui avvertiamo gli effetti.
Una scomposizione infatti è un'azione intrinsecamente violenta in cui ci scappa sempre il morto: quando analizziamo/smontiamo anche solo concettualmente un orologio alla fine stiamo osservando il mucchietto dei suoi ingranaggi ma non osserviamo più l'orologio, quell'orologio: se lo scomponete in parti uccidete l'unitá. Quasi banale.
Che è il motivo per cui in oriente sono state scelte altre vie per conoscere la realtà "cogliendola" senza "analizzarla": scomponendola si perde qualcosa e quindi non la si può conoscere tutta.
Ma ritorniamo ai nostri due inizi.

Stavano iniziando in effetti due orientamenti scientifici. Il primo si prefigurava più "contemplativo" non avendo l'obiettivo dichiarato di sfruttare e dominare la natura, ma più che altro ispirandosi ad essa, di imitarne i prodigi, e ricrearli a vantaggio dell'uomo, ovviamente. Con la consapevolezza rispettosa che la natura coltiva un delicato equilibrio e non è uno sterminato tesoro da depredare indefinitamente, pensando alla realtà più come ad un essere vivente che ad un orologio.
Il secondo era quello di chi non ne poteva più del "volere divino" e cercava un riscatto intellettuale (dalla ristrettezze teologiche della Chiesa Cattolica medievale) e un riscatto materiale (dalla miseria e dalla malattia). Aspirava ad un uomo padrone del proprio destino, aspirazione da realizzare con la conoscenza della natura per metterla al propio servizio.

Facciamo però mente locale: quando la nostra scienza oggi (figlia di quella copernicana) "analizza un fenomeno" o "scompone un problema", fa scintillare sempre la lama di un bisturi, anche se quello della ragione: e il bisturi si insinua e smembra, disseziona.
Ma non solo, se la nostra scienza oggi "penetra nei misteri dell'universo" o "carpisce i segreti dell'energia", allora è anche molto maschia (fallica) e approfittatrice (predatrice).

A questa cupa e sanguinolenta visione si obietterà che la concezione leonardesca della scienza è in contrasto con il fatto che Leonardo stesso fosse un ingegnere militare. Lo era in effetti, ma suo malgrado, come si desume da alcuni stralci di sue lettere riportate da Capra. Le sue opere belliche erano per lo più ideate per la difesa, o la dissuasione dall'attacco e, per sua dichiarazione, per la riduzione delle vittime. Ma una discussione sulla coerenza morale di Leonardo porterebbe lontano e soprattutto non sarebbe fondante né per una critica epistemologica, la quale per altro, qui non interessa, né per una disamina sull'etica della scienza.
Poco serve obiettare appellandosi alla professione militare di Leonardo, quando la nostra scienza oggi "combatte per sconfiggere il cancro" (ma forse servirebbe comprendere di più l'uomo per cercare che il cancro non si manifesti) o "effettua campagne di misura per riportare sotto controllo l'incertezza statistica" o "aggredisce il problema con algoritmi sofisticati": il suo stesso gergo tradisce un'impostazione che è tutta nel suo complesso bellicosa, dominatrice.
Limitiamoci a rilevare i due atteggiamenti scientifici di fondo, in competizione: l'armonia con la natura e il dominio sulla natura.

Oggi non esiste una scienza delle geometrie naturali, ma l'ingegneria idraulica (per i fiumi), l'anatomia (per i corpi animali) e la botanica (per i vegetali), all'interno delle quali possiamo trovare, in separate sedi, anche le indicazioni sulla geometria di fiumi, vene e nervature. Semplificando potremmo dire che ne esiste una per ogni ambito, che viene esplorato nella sua profondità. Anche la (proto)scienza di Leonardo aveva implicitamente definito degli ambiti (oggetti "ramificati" e "non ramificati", per esempio) ma li esplorava trasversalmente. O meglio: trasversalmente ai nostri attuali, presi come riferimento. E solo di riferimento infatti si tratta: la prima con un movimento orizzontale, la seconda verticale.

I simpatizzanti della new-age, o i cultori delle filosofie orientali vedranno in questi due atteggiamenti scientifici due principi generali: il primo, quello yin, femminile, orizzontale, che abbraccia, sintetizza, e armonizza; il secondo, quello yang, maschile, verticale che penetra in profondità, analizza, aggredisce e domina.

Vinse il secondo, che è arrivato forte e sviluppato fino a noi, oscurando il primo, che perse poi l'appellativo di scientifico. Le ragioni sono molteplici, sia individuali (per esempio Leonardo era fondamentalmente un isolato e non era un accademico) che collettive (per esempio la reazione di insofferenza verso il dogmatismo di tipo teologico premeva per un uomo affrancato da dio e padrone dell'universo). Nella competizione culturale ha prevalso e continuato a prevalere nel corso della storia il paradigma scientifico più adatto agli uomini di quel tempo. Che cosa sarebbe stato se avesse vinto l'atteggiamento di Leonardo, non ci è dato sapere; anzi la domanda non può essere posta perché non c'è stato nessun comitato direttivo o arbitrale che abbia deciso. Una diversa scelta presupporrebbe solamente che l'animo umano in quei tempi fosse stato diverso da quel che è stato. E non è stato. Ne parliamo al passato, ma è ancora presente. Il paradigma scientifico, possiamo tranquillamente chiamarlo dominante, è ancora vigente, anche se con qualche incrinatura.

L'idea di Capra che il seme di una scienza diversa fosse già presente secoli fa è incoraggiante. Tanto più che era presente nella stessa terra dove è germogliato l'altro: non era esotico né esoterico. Probabilmente il clima non era quello giusto.
Questa idea ben si sposa con un'altra, che mi piace molto: anche se sul nostro pianeta il male abbonda, non c'è una Cospirazione, non c'è un Disegno Malvagio che sovrasta il mondo, se non quello che l'umanità tratteggia da sé. Le cose infatti si manifestano e si dispongono secondo il livello di coscienza e di consapevolezza di chi le dispone: non sono altro che l'espressione dello stato d'animo (o dello stato dell'Anima) di quella parte dell'umanità. Se rinunciamo a cercare un terzo comodo colpevole possiamo attivarci per un cambiamento, l'unico che possiamo realisticamente attuare: quello su di noi, l'umanità.
Il rammarico non serve. Ancor meno la fretta. Ma spesso un vita non basta. Ed è per questo che i semi sono importanti: si conservano e nella stagione buona mettono radici.

Marcello

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