Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

domenica 14 novembre 2010

Muhammad Yunus e la rivoluzione del microcredito



Muhammad Yunus ha avviato un processo rivoluzionario pacifico e non politico che non è mai stato sganciato dal piano della concretezza. Da docente di economia disponeva di alcune conoscenze importanti, ma non di quelle più specificamente adatte a mettere in moto un sistema di imprese ramificato a livello internazionale. La sua Grameen Bank è sorta semplicemente perché Yunus non riusciva a convincere i banchieri a fare il loro lavoro: essi partivano dal pregiudizio che i prestiti dovessero essere accordati solo a chi forniva garanzie e non a chi ne aveva più bisogno. Gestivano imprese in cui il rischio d’impresa non era in realtà concepito e ciò metteva i poveri del Bangladesh nella condizione di rivolgersi agli strozzini e quindi di lasciare ad essi gli utili del loro lavoro. I poveri non erano tali per mancanza di iniziativa e di capacità, ma semplicemente perché per vendere dei manufatti dovevano prima comprare il necessario e per pagare gli interessi dei prestiti non ricavavano profitti sufficienti. Yunus partì occupandosi personalmente di prestiti erogati ad un gruppo di persone povere. Partì gestendo una cifra davvero irrisoria e ottenne la completa restituzione dei prestiti.


La Grameen Bank –che significa, in bengali, “banca di villaggio”- dopo trent’anni ha duemilacinquecento filiali. “Oggi concede prestiti a oltre sette milioni di poveri, il 97 per cento dei quali sono donne, sparsi in settantottomila villaggi del Bangladesh. L’ammontare del totale dei prestiti erogati da quando è stata aperta è di sei miliardi di dollari, il tasso di restituzione è oggi attorno al 98,6 per cento, realizza regolarmente un utile proprio come qualsiasi altra banca ben gestita, è diventata finanziariamente autosufficiente e non ha più accettato donazioni a partire dal 1995. I depositi e gli altri cespiti coprono attualmente il 156 per cento del totale dei prestiti erogati e la banca è stata in grado di ottenere profitti ogni anno, tranne che nel 1983, nel 1991 e nel 1992. Ma la cosa più importante è che, sulla base delle valutazioni fatte dalla stessa Grameen Bank, il 64 per cento dei clienti che ha avuto rapporti con la banca per cinque anni o più ce l’ha fatta a uscire dalla condizione di povertà. E’ nata come un piccolo progetto artigianale e affidato alla gestione dei miei studenti, tutti ragazzi e ragazze del luogo. Dopo tutti questi anni, tre di loro sono ancora con me alla Grameen Bank. Sono gli amministratori delegati” (M. Yunus, 2008. Un mondo senza povertà, trad. it. Feltrinelli, Milano, 2010, p. 65).


Il sentimento che accomuna Yunus a molte persone che operano a favore dei diseredati è di partecipazione e di disponibilità ad aiutare. Tuttavia, Yunus ha soprattutto concepito i poveri come persone con un potenziale umano (ed economico) da liberare e non come delle vittime da “sostenere”. Ha cercato, di rendere possibile il loro inserimento attivo e vincente nel tessuto economico della società. Ha riconosciuto delle ingiustizie, ma ha cercato soprattutto di favorire dei cambiamenti immediati e non solo di immaginare un mondo più giusto. Ha cioè cercato di rendere possibile un futuro immediato con le risorse attualmente disponibili.


Per riuscire in un progetto vincente Yunus ha messo in discussione dei pregiudizi che paralizzano molte persone. Il primo riguarda il fatto che i poveri non restituiscano i prestiti. Il secondo si riassume nella convinzione che i poveri possano uscire dalla povertà solo ottenendo un lavoro salariato anziché operando attivamente come imprenditori. Infatti, il terzo pregiudizio respinto da Yunus è proprio quello secondo cui le capacità imprenditoriali sono rare. “I poveri sono come i bonsai. Se il migliore seme di un albero gigantesco viene piantato in un vasetto di fiori di dieci centimetri, si otterrà una replica perfetta dell’albero, ma sarà alta soltanto un paio di spanne. Non c’era niente che non andava nel seme piantato, solo lo spazio a disposizione era troppo angusto. I poveri sono un popolo bonsai. Non c’è niente che non va nella loro costituzione, è solo che la società non ha mai concesso loro un contesto favorevole alla crescita. Tutto quello che dobbiamo fare per farli uscire dalla povertà è creare condizioni adatte alla loro attività. Non appena i poveri sono messi in grado di liberare energia e creatività, ecco che la povertà scompare molto rapidamente” (op. cit. p. 68). La Grameen Bank, con dei prestiti ad interessi contenuti, è riuscita sia ad autoaffermarsi sia a rendere possibile l’uscita dalla povertà di milioni di persone.


L’idea di profondi cambiamenti sociali è un’idea buona, ma le persone hanno bisogno di migliorare la loro vita oggi e non possono attendere cambiamenti sociali, peraltro difficili da realizzare. Anche l’idea di sviluppo affermata da organismi umanitari è buona. Spesso, però, quando si sviluppano infrastrutture indispensabili per far fare un salto in avanti all’economia, chi ha già qualcosa trae più vantaggi di chi non ha nulla e non è un caso che quando le società arretrate si sviluppano, migliorino il generale tenore di vita della popolazione ma non superino la forbice che separa i ricchi dai poveri.


Tutto il pensiero economico di Yunus è un cuneo piantato nel cuore del capitalismo e dell’economia globale. Il nocciolo di tale pensiero non è sovversivo ma destabilizzante: Yunus, nella società così come è, in attesa che la politica migliori gli aspetti strutturali dell’economia, cerca di rendere possibile ai poveri di uscire dalla povertà.


Dati i limiti della politica e delle iniziative umanitarie, Yunus ha sviluppato e applicato in modo consequenziale il “business sociale” ovvero le imprese con finalità sociali. Tali imprese (prima fra tutte la Grameen Bank) hanno come obiettivo la propria sopravvivenza all’interno del mercato, ma non la massimizzazione dei profitti. Gli azionisti non “donano”, ma nemmeno ricavano profitti dai capitali impegnati. Le imprese si pongono obiettivi socialmente significativi e definiscono modi per raggiungerli senza avere perdite. Per questo operano sul mercato come qualsiasi altra azienda, ma con utili ridotti e completamente reinvestiti. “Il primo libro che ho scritto si chiamava Il banchiere dei poveri e, sin dalla sua pubblicazione, quel titolo mi si è appiccicato addosso come un soprannome, una cosa di cui vado orgoglioso. Ma non tutti sanno che sono diventato “il banchiere dei poveri” solo per caso, anzi, non mi passava nemmeno per la testa di occuparmi di banche. Quando, trent’anni fa, cominciai a interessarmi alla condizione dei poveri nel villaggio di Jobra, ero un professore universitario di economia, sapevo poco di banche e mi mancava qualsiasi esperienza pratica in quel campo. Per la verità, quando ho cominciato con i primi prestiti ai poveri di quel villaggio, confinante con il campus dell’università, non avevo la minima idea di dove sarei arrivato” (op. cit. p. 89).


Yunus è la prova vivente che i cambiamenti sono possibili. Non solo i piccoli aggiustamenti del presente voluti dai politici “progressisti” [cfr. il POST La banalità della politica] e non necessariamente i grandi progetti rivoluzionari che comunque dovrebbero essere gestiti da dirigenti non meno inaffidabili di coloro che gestiscono il potere oggi. I cambiamenti sono possibili quando persone reali si incontrano per costruire un futuro immaginato sulla base di alcuni valori condivisi.


Da Yunus possono imparare molte persone con dei principi, interessate ad espandere il Social Business; possono però imparare anche persone seriamente impegnate in politica, stanche di denunciare soltanto il malcostume e le ingiustizie presenti e orientate a realizzare progetti concreti e praticamente perseguibili.


Elisa

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