Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

domenica 4 luglio 2010

Alfabetizzazione emozionale (terza parte)


Sulla felicità e sull’amore circolano molte idee che non a caso restano rigorosamente confuse. E’ bizzarro il fatto che una cultura sofisticata come la nostra, che include accurate distinzioni fra elettroni e protoni, non includa alcuna definizione seria e condivisa di concetti di uso comune come “felicità” e “amore”. Ciò ovviamente dipende dal fatto che non abbiamo impedimenti socialmente radicati all’uso dell’intelligenza ma abbiamo impedimenti pesantissimi sul piano della comunicazione emotiva.


1.

Partiamo dall’amore. La prima cosa da dire è che una definizione di tale concetto deve essere finalizzata ad una comprensione dei comportamenti umani. Dato che l’amore non è un “oggetto” non può essere definito appiccicando un’etichetta a tutti "i cosi che sono fatti così", come ad esempio quando si definisce una pianta o una macchina. Possiamo definire l’amore come ci pare e quindi la definizione dipende dal nostro scopo. Quando si parla dell’amore nella musica leggera come di un sentimento che se non corrisposto getta nel più profondo sconforto ci si riferisce ad un bisogno. Quando si parla invece dell’amore per i figli, per i cani o quando si parla dell’amore divino per gli uomini ci si riferisce ad un’idea “disinteressata” dell’amore e quindi a qualcosa che non ha a che fare con un bisogno, ma con una “disponibilità ad avere cura di qualcuno”.

Nel caos linguistico che regna possiamo fare ciò che ci pare, dato che comunque daremo una definizione incompatibile con alcune delle tante idee sull’amore. Allora, qual è la definizione più utile per fare un po’ d’ordine fra i vari aspetti dell’esistenza umana che “hanno a che fare” con le situazioni in cui si parla a casaccio di innamoramento, coinvolgimento, affetto, benevolenza, desiderio, amore, ecc.?

La prima distinzione da fare è fra le situazioni in cui ci attiviamo per dei nostri desideri e le situazioni in cui ci attiviamo per soddisfare i desideri di altri. Le due situazioni vanno rigorosamente distinte: anche se possono essere compresenti non sono identiche. Consideriamo ad esempio il desiderio di incontrare un amico che ci ha promesso il suo aiuto e la disponibilità dello stesso amico ad aiutarci. Noi siamo motivati da un desiderio personale mentre l'amico è disponibile a fare il nostro bene. Anche in tale disponibilità c'è un desiderio, ma esso non è altro che il bene di un'altra persona. Alcuni potrebbero parlare di egoismo e di altruismo, ma questi due concetti sono delle trappole mentali e confondono le idee anziché chiarirle. La distinzione fatta fra la ricerca del proprio appagamento e l'impegno per il bene di un'altra persona è quindi una distinzione molto semplice e chiarificatrice: da un lato abbiamo comportamenti motivati da un desiderio o da un bisogno e da un altro lato abbiamo comportamenti motivati da benevolenza o affetto o "amore" (nelle varie sfumature amicali, genitoriali, di coppia o genericamente umane del termine). Quando facciamo una cosa abbiamo sempre in mente o una nostra esigenza o l’esigenza di una persona cara.

La confusione fra queste due classi di comportamenti viene, in genere, fatta o mantenuta per attuare e celare manipolazioni e imbrogli sul piano relazionale. La persona gelosa dice di controllare il/la partner perché lo/la ama e questa è una gran balla, dato che esaspera tale persona e in quel comportamento assurdo manifesta una propria bizzarra esigenza di possesso, controllo, sicurezza. Non solo la persona gelosa è mossa dal desiderio (da un desiderio irrazionale)anziché dall’amore, ma fa del male al/alla partner, quindi non vuole il suo bene, quindi non ama il/la partner. I gelosi non amano e pretendono di essere amati, ma giustificano proprio con “l’amore” il loro strano modo di rompere le palle. Non andrebbero traditi, ma lasciati.

Per completezza dobbiamo tenere presente che il desiderio e l’amore possono sovrapporsi, cioè non si escludono né i contraddicono. Mentre nel caso dei due amici era chiaro che il primo chiedeva un aiuto (aveva un desiderio) e l’altro offriva l’aiuto (ma si sarebbe divertito più ad andare al cinema che a fare fatica), nel caso di un rapporto erotico fra persone che si amano è ovvio che il desiderio di provare piacere si associa benissimo al desiderio di far godere il/la partner. Desiderio e amore procedono di pari passo, sia che il desiderio sia debole o intensamente passionale, sia che l’amore sia lieve (come in una simpatica avventura) o profondo (come in un rapporto di coppia).

2.

Distinguiamo a questo punto l’amore e la stima. Anche qui si possono fare molte confusioni (e per dei motivi decisamente folli) se non si distingue ciò che riguarda la persona che è desiderata (ed eventualmente anche amata) e ciò che riguarda la persona che ama.

Le caratteristiche di una persona che risultano soddisfacenti per gli altri (bellezza, qualità intellettive, personalità, cultura, idee, valori, gusti, età, ecc.) rendono una persona “stimabile” o “stimata” da qualcuno (e non da tutti). Ricevere stima per la propria “utilità” è praticamente un diritto: se sono una persona affidabile merito fiducia e se ricevo apprezzamenti per tale mia qualità posso anche ringraziare, ma solo per gentilezza o per modestia, poiché in realtà mi sono meritato tutto. Dare stima, d’altra parte è in pratica come pagare un debito e non come “fare un dono”. La stima è quindi in qualche modo la misura del "valore d’uso" di una persona e l’uso in questione è la capacità di soddisfare i desideri altrui. Se desiderate che un dentista non vi faccia aspettare ogni volta un’ora, non vi estragga i denti sani e non costi una fortuna, cercate un “oggetto” di vostri (legittimi) desideri. Non gli mancate di rispetto né pagandolo con gratitudine né rimpiazzandolo con uno migliore. Anche nelle relazioni intime la stima è sempre in gioco. Nessuno si cerca il/la partner più brutto/a che riesce a trovare o quello più incompatibile sul piano delle abitudini. Per uno studioso può non essere indispensabile che la sua compagna sia un’intellettuale, ma può essere gradito che lo sia. Per un uomo che legge un libro all’anno, al contrario, una compagna che passa i week-end ai convegni o a scrivere romanzi può essere un”pessimo acquisto”. Posto quindi, che il valore d’uso di una persona è relativo alle esigenze delle altre persone, resta il fatto che esso è un valore, un aspetto della persona stessa, una cosa da “calcolare”, un bene da pagare o restituire.

Quando il desiderio della vicinanza di un’altra persona è molto intenso è comunque un desiderio e può essere o non essere accompagnato dall’amore. Anche il violentatore desidera la sua vittima, ma tale "propensione carica di desiderio” non sarebbe definita da nessuno come un atteggiamento amorevole. Perché un desiderio produca un rapporto non semplicemente "d'uso" (legittimo e consensuale o violento e imposto) deve essere accompagnato da un sentimento di amore. Non vedo niente di male nel fatto che una persona si scelga il miglior dentista o che una ragazza si scelga il fidanzato più “togo”. Voglio semplicemente evidenziare che tale dentista può anche essere un carissimo amico (o non esserlo) e che tale fidanzato può anche essere “il suo amore” (o non esserlo).

La distinzione fra stima e amore, che deriva dalla distinzione fatta in precedenza fra desiderio e amore è importante perché dal dolce stil novo all’ultima “canzonetta” si registrano moltissimi equivoci fra stima e amore e tali equivoci non sono semplici errori, ma sono imbrogli che producono confusioni interiori inutilmente penose. L’equivoco principale è quello secondo cui si immagina che l’amore possa essere “meritato”. Tale equivoco è fonte di notevole ansia, sta alla base di ricatti affettivi, sensi di colpa, rancori e illusioni di tutti i tipi. Tale equivoco è una delle più gravi fonti di inquinamento emozionale. Pur essendo un equivoco tanto importante, non viene normalmente riconosciuto. Nemmeno gli esperti di psicologia in un secolo hanno capito tale ovvietà e non hanno quindi modificato la mentalità comune. Hanno convinto la maggior parte delle persone che non è una bella cosa picchiare i bambini, ma non hanno fatto campagne di sensibilizzazione per chiarire che l’amore non si merita. L’amore, in ogni caso, va inteso come un sentimento che dipende dalla sensibilità di chi ama e non dalle “qualità” di chi è amato. Infatti, la donna più bella, più sexy, più sensibile, profonda e simpatica può essere trattata come un oggetto dal suo partner, oppure può essere amata dal suo partner e la differenza dipende solo dalla capacità di amare del suo partner. Solo un idiota potrebbe affermare che siccome Einstein era molto intelligente, sicuramente era molto amato. Solo un altro idiota potrebbe affermare che i figli intelligenti sono amati più di quelli non molto “svegli” o che i cani brutti sono meno amati del bellissimo Rex. Non ho recuperato questi esempi (incontestabili) da un testo di filosofia tedesca sepolto in una biblioteca. Sono esempi ovvi che illustrano che ovviamente l’amore è un dono che le persone “di cuore” fanno senza chiedere nulla in cambio, mentre la stima è il pagamento doveroso per l’appagamento di un desiderio. Io stimo molto le mie cagnone che mi danno molta gioia, ma le amo profondamente, come amo degli amici che invece mi hanno procurato dei dispiaceri. Dipende da me amare cani e amici o essere indifferente o carico di odio. Dipende dai cani o dagli amici meritare la mia stima e la mia gratitudine.

Ora, veniamo ai “tormenti” inutili che le persone si infliggono per non sentirsi (come in realtà sono) impotenti rispetto all'amore degli altri. La radice di tali tormenti sta nell’idea di potersi meritare l’amore. C’è chi pensa di potersi meritare l’amore del/della partner facendo un corso di kamasutra o raggiungendo traguardi professionali o “barando” sull’età con un lifting. Tutte balle. L’essere più o meno sexy rende desiderabili, ma non amati. Il successo rende “ammirati” ma non necessariamente amati ed anche il lifting non serve a farsi amare, ma solo a farsi apprezzare dagli idioti.

Quindi? Quindi, possiamo rilassarci. Per farci “desiderare” ovviamente dobbiamo soddisfare i desideri degli altri, o almeno di quelli che vogliamo soddisfino i nostri desideri. E’ buona norma, quindi per farsi stimare essere corretti, farsi una doccia ogni tanto, non dire cazzate, e così via. Per farsi amare, invece non si può far niente. Se la persona da cui vorremmo essere amati riesce a vedere la meraviglia della nostra persona al di là della “mercanzia” che possiamo offrire, ci amerà. E in tal caso dovremo ringraziare. Tutti infatti siamo persone e tutti siamo amabili … da chi è capace di amare.

Quando un cantante si strappa i capelli con voce tormentata parlando del suo grande amore perduto e ricordando (solo) la bellezza che lo abbagliava, sta in realtà parlando di una donna stimata con cui non riesce più a spassarsela. Quando un “picciotto” è pronto a uccidere per “amore e gelosia”, in realtà è pronto ad uccidere solo per gelosia. E quando una persona è disposta a mentire al/alla partner “per non rovinare un grande amore”, in realtà si illude di “tenersi stretta” una persona con l’inganno e questo non c’entra nulla con l’amore. Ed è un peccato, perché se il/la partner è capace di amare, è capace anche di capire e di accettare i limiti e le debolezze di chi ama. E se non è capace di amare non si merita comunque delle manipolazioni e degli imbrogli.

Siamo in grado di amare gli altri nella misura in cui siamo in grado di amare noi stessi. Questa profonda verità è spesso ripetuta ma non è sempre capita. Significa che tutti siamo amabili: la star di Hollywood e il passerotto sul davanzale della finestra. Tutti siamo amabili, ma siamo amati solo da chi ci conosce, se questi si ama abbastanza da "vedersi" e da “vedere” cosa siamo, al di là del nostro valore d’uso. Chi si ama ha compassione per sé e, proprio per questo, facilmente ama gli altri. Li ama anche se capisce che hanno degli inevitabili difetti e anche se scopre che commettono errori o che gli hanno provocato sofferenze. Chi ama gli altri solo finché sono stimabili, in realtà non li ama.

Chi dice “non ti amo più” evidentemente non amava nemmeno prima, dato che l’amore non ha una scadenza come la mozzarella. Se ci fosse un po’ di amore nelle relazioni di coppia, si verificherebbero comunque delle separazioni, perché le scelte fatte da un/una partner possono creare incompatibilità, ma permarrebbe un sentimento di amore fra persone separate. Purtroppo ciò non si verifica abitualmente, determina inutili sofferenze e arricchisce gli avvocati.

3.

A questo punto possiamo rosicchiare anche il tema della felicità, sganciandolo da discorsi confusi di tipo “sentimentale” o da discorsi confusi di tipo misticheggiante.

Anche qui dobbiamo fare tra i concetti delle distinzioni adatte a rendere comprensibile la multiforme realtà. Parlare della felicità come di una “grande gioia” è inutile, perché possiamo già distinguere fra gioia e “grande gioia” senza introdurre una parola nuova. Una parola nuova ci aiuta se indica qualcosa di diverso, dato che i sinonimi sono uno spreco lessicale se non introducono almeno una sfumatura.

Penso che sia opportuno parlare di gioia (o contentezza) per indicare l'appagamento di un desiderio. Una bella mangiata, un film “divertente”, una bella scopata ci danno gioia. Anche se tendiamo a confondere la gioia con la felicità, faremmo fatica a dire che un certo ristorante ci ha resi felici.

Allora, con cosa ha a che fare la felicità, se essa non riguarda l’appagamento dei nostri desideri? Riguarda l’amore. Se ci amiamo, siamo anche felici di “esserci” e, se amiamo altre persone, siamo felici che gioiscano e siamo anche felici di fare dei sacrifici che producono gioia nelle persone che amiamo. Fare un regalo per ottenere ringraziamenti ci procura la gioia dei ringraziamenti. Fare un regalo per vedere che l’altra persona sorride ci produce felicità.

In un mondo di prede e predatori, in un mondo in cui fin dall’infanzia ci sforziamo di sentire poco per non sentire le nostre ferite, la felicità è una cosa rara come l’amore. Non muore però mai e rende davvero preziosa la nostra vita. Tutte le lagne filosofiche sul senso della vita non mettono in evidenza nessuna realtà metafisica, ma solo la povertà emozionale dei filosofi in questione. La vita ha sempre senso proprio perché possiamo in ogni attimo avere un po’ di compassione per noi stessi, provare un po’ di tenerezza, amarci e quindi amare qualcuno. Se si ama qualcuno la vita è sempre sensata e le giornate sono sempre troppo brevi, nei periodi più belli e nei periodi più difficili.

Gianfranco


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