Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

martedì 20 aprile 2010

Giustizia retrospettiva


Alcuni libri hanno il pregio di toccare il lettore e di allargare il suo orizzonte mentale, incrinare pregiudizi, favorire nuove riflessioni. Un libro scritto da Federico Stella [La giustizia e le ingiustizie, Il Mulino, Bologna, 2006] è stato in questi giorni per me significativo e illuminante, anche se illustra una questione diversa da quella su cui avevo cercato lumi. Di fatto il mio problema iniziale (il ruolo degli interventi giudiziari nella vita quotidiana delle persone) ha trovato risposte preziose proprio in un testo dedicato alla tutela dei diritti umani nelle situazioni di emergenza (guerra, terrorismo, ecc.).

Trattando il problema drammatico delle ingiustizie gravi e socialmente rilevanti Stella fornisce informazioni e considerazioni importanti che io farò slittare sul piano delle questioni oggettivamente meno gravi, per le quali però ogni giorno tante persone “chiedono giustizia”.

La forte sottolineatura del valore della persona, da parte di Stella sta alla base delle sue riflessioni filosofiche, oltre che giuridiche, sui diritti umani. Il fatto che l’Autore (di fede cattolica) mi abbia così profondamente toccato dimostra che l’incontro fra credenti e non credenti può e deve avvenire sulla base dei valori profondi e non su accordi istituzionali fra politici e prelati come quelli tanto graditi ai politici che attualmente governano o fingono di fare opposizione.

Dato che sia i reati, sia i conseguenti procedimenti giudiziari toccano inevitabilmente tutta l’esistenza di una persona, anche se il reato in questione non è gravissimo [cfr. il POST I tempi della giustizia e i tempi delle persone], le considerazioni di Stella e il suo esame dei modelli giudiziari elaborati per far fronte a situazioni gravissime (stermini di massa, tortura, guerra, terrorismo) risultano estremamente stimolanti.

Stella fa molte considerazioni interessanti sui limiti della funzione deterrente delle pene (p. 185-187) ed anche sulla loro funzione rieducativa, almeno in riferimento ai modi disumani in cui viene attualmente praticata la carcerazione. A questo proposito, l'Autore fa anche delle proposte concrete, rifacendosi ad esperienze collaudate in India ed in vari paesi (pp.195-199), che in Italia risultano fantascientifiche. Il riferimento è a percorsi psicologici e tecniche meditative che producono una rilevante diminuzione della recidiva e favoriscono il recupero di risorse personali prima non utilizzate. Fra queste si può ricordare il metodo Kiram Bedi: “Credo che il libro di Kiran Bedi sarà fonte di ispirazione per i lettori, e stabilirà un precedente per coloro che hanno l’autorità di privare della libertà degli esseri umani” (dalla presentazione del Dalai Lama al volume di Kiran Bedi, 1998, La coscienza di sé, trad.it. Giuffrè Editore, Milano, 2001, p. XIX).


A parte le riflessioni sulla funzione deterrente e di quella rieducativa delle pene, Stella tocca il tema più spinoso, ben vivo nella giurisprudenza contemporanea sulla “giustizia impossibile” in ambito penale (p. 223). Questi ragionamenti conducono Stella a conclusioni abbastanza radicali: quale che siano le possibili riforme, ciò che maggiormente possiamo richiedere al sistema giudiziario è di non restare fermo all’esercizio di una “giustizia retrospettiva”. Ci sono interventi giudiziari che, se applicati in modi tempestivi possono impedire dei delitti. Oggi, normalmente la giustizia fa il suo corso e i delitti vengono puniti dopo che anche le conseguenze di tali delitti hanno seminato sofferenza, ma Stella fa alcune interessanti riflessioni sull’amministrazione della giustizia nello Stato di Israele: “Chiamerò ‘modello Barak’ (dal nome del Presidente della Corte suprema) il modello di giustizia elaborato per i ‘momenti di crisi’, di guerra e di terrorismo, cioè per i momenti fra i più gravi e pericolosi per Israele e per il mondo occidentale. Caratteristiche essenziali di questo modello sono:

a) l’attribuzione ai giudici del compito di protezione dei principi della democrazia;

b) l’obbligo per i giudici di non far tacere in battaglia le leggi dello Stato democratico;

c) l’individuazione dello strumento per attivare l’intervento giudiziario nelle petizioni di chi, cittadino o straniero, lamenti la violazione di un diritto;

d) l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici nei confronti del governo e dell’apparato esecutivo;

e) la tempistica dell’intervento giudiziario, considerata decisiva per impedire che un’azione ingiusta possa essere portata a compimento” (pp. 226-227).


In altre parole, sulla base di una semplice segnalazione di un possibile caso di tortura, la Corte suprema interviene tempestivamente per impedire un crimine, evitando così di intervenire dopo vari mesi o anni solo per punire i responsabili. Questa idea del “processo breve” è quindi esattamente agli antipodi di quella vergogna su cui si è discusso nel nostro paese barbaro.

Stella conclude la sua analisi con parole decisamente apprezzabili: “Per la prima volta nel corso di queste riflessioni, ci siamo imbattuti in quella che possiamo definire, a buon diritto, la vera idea di giustizia: Barak, ma anche Brennan, ci insegnano che non serve a nulla l’intervento retrospettivo perché, quando un diritto umano è stato violato, nulla al mondo può far sì che la violazione non sia avvenuta; nulla al mondo può rendere possibile una riparazione del torto subito, dei patimenti sofferti. Per far sì che la giustizia basata sui diritti diventi una realtà vissuta e attesa per l’avvenire, è indispensabile che prenda vita la garanzia dell’intervento giudiziario o della comunità internazionale, capace di impedire che il torto si consumi e che i diritti vengano violati” (p. 241).

Come è già stato detto nel POST Giustizia e salute, la tempestività dell’intervento giudiziario è fondamentale affinché la giustizia sia un servizio e non solo l’esercizio di un potere. Non voglio ovviamente sminuire l’importanza delle situazioni esaminate da Stella (crimini di rilevanza penale e soprattutto legati a situazioni di guerra o di terrorismo). Voglio però evidenziare che anche gli ambiti meno drammatici in cui i diritti vengono violati (dai mancati pagamenti alle truffe alle controversie in ambito lavorativo) sono comunque importantissimi per le persone; se è necessario impedire episodi di tortura è comunque necessario anche impedire ingiusti licenziamenti o crisi di aziende che hanno comunque conseguenze non certo lievi nelle vite di persone e di intere famiglie.

Il tema di un radicale adeguamento del sistema giudiziario alle esigenze delle persone dovrebbe essere l'occasione per un serio confronto fra gli esponenti dei partiti democratici e progressisti e dovrebbe essere da essi utilizzato per aprire una discussione nel paese e convogliare la "sete di giustizia" verso mete elevate. I partiti "democratici e progressisti", purtroppo, sono impegnati (quando va bene) solo a protestare per le iniziative distruttive dell'attuale governo, oppure sono impegnati a "dialogare" con il governo per ridimensionare i nuovi disastri programmati dai governanti. Il dialogo è assurdo e la protesta è necessaria e apprezzabile. Tuttavia un'opposizione che protesta senza gettare le premesse di cambiamenti possibili in altre direzioni è destinata a perdere ulteriori consensi e a risultare incapace di governare qualora ne avesse nuovamente la possibilità.

Gianfranco

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