Le vicende di abusi sessuali attuati da preti pedofili e di coperture di tali episodi da parte della gerarchia ecclesiastica costituiscono dei fatti gravissimi su cui non è il caso di riflettere solo qualche giorno, finché i giornali ne parlano. Sia che venga dimostrata, sia che non venga dimostrata sugli “insabbiamenti” una responsabilità dell’attuale pontefice negli anni che precedettero il suo pontificato, egli ha sicuramente la precisa responsabilità morale di aver scoraggiato le denunce dei bambini alle autorità civili (cfr. http://www.beppegrillo.it/2007/05/crimen_sollicit.html).
Chiudere la bocca ad un bambino che ha subito abusi equivale ad aggiungere al trauma subito l’impossibilità di un’elaborazione del trauma stesso. Quest’ossessione della tutela dell’immagine della chiesa è quanto di meno cristiano possa essere immaginato, dal momento che Gesù come tutti i più compiuti testimoni della dimensione interiore degli uomini ha sempre sottolineato il valore della verità, della responsabilità personale e della sacralità della persona. La difesa dell’istituzione è espressione di una logica di potere e poco conta che si tratti di un potere civile o di un potere materiale infiocchettato come “spirituale” o religioso.
La cosa però che ci turba non è né solo il fatto che i sacerdoti possano compiere dei crimini, né il fatto che altri sacerdoti li possano occultare. Ciò che ci turba è un’altra realtà da cui dipende il radicamento dei crimini e degli occultamenti in questione. Tale realtà è la vigliaccheria dei laici italiani. Persone che si crogiolano nel loro laicismo e magari nel loro anticlericalismo, ma che non osano contestare i principi sessuorepressivi della chiesa. Che si traducono sa in forme “normali” di violenza sui bambini (cfr. il POST Bambini religiosi?] sia, inevitabilmente, anche in forme esplicite e violente.
I laici sono sempre pronti a contestare le ingerenze della chiesa nella vita politica quando un vescovo cerca di influenzare le elezioni, ma si guardano bene dal contrapporre alla cultura religiosa una cultura rispettosa dei sentimenti, dei desideri sessuali, dell’amore espresso fisicamente. I nostri laici sono capaci di protestare (giustamente) contro uno sproloquio vaticano che esalta l’accanimento terapeutico, ma non fanno nulla contro l’accanimento catechistico dei preti. Anzi, vanno ai battesimi e alle cresime “per far contenti i figli dei parenti”.
Tutti i politici hanno una strana idea del pluralismo: sono dei patiti del “pluralismo silenzioso”, incuranti del fatto che i preti parlano e straparlano. I laici nostrani affermano la libertà di pensiero per non credenti e per credenti (e fin qui ci siamo), poi dichiarano di rispettare le idee di tutti, comprese quelle dei credenti e magari dei bigotti (e fin qui possiamo esserci), dopo di che si fermano e non dicono le loro idee (e qui non ci siamo).
Quanti non credenti scrivono libri sull’irrazionalità del concetto di dio, sull’irrazionalità del concetto di peccato, sull’irrazionalità della “mistica della rinuncia e della sofferenza”. Quanti laicisti esprimono riprovazione nei confronti di chi impone idee religiose e moralistiche ai bambini? Un’idea di divinità desiderosa che i suoi figli rinuncino a quello che di più bello hanno, è un’idea demenziale. Anzi, è una non-idea. Un dio che “gradisce” la castità è la caricatura di qualsiasi principio spiritualista, perché tale ipotetica divinità esprime il gusto sadico per la sottomissione dei suoi fedeli, per la loro infelicità.
Quanti laici scrivono che la mistica della castità è una mortificazione della vita e della gioia di vivere? Un terreno fertile per disturbi e perversioni? La pedofilia è la punta orribile di un iceberg disgustosamente grande costituito dal culto dell’autoflagellazione e del culto della rinuncia. I laici farebbero meglio a costruire una cultura laica, dato che normalmente confondono il rispetto (dovuto) alle idee altrui con la sottomissione al potere religioso.
Rispettare un’idea non significa essere d’accordo. Significa anche esprimere il dissenso per mettere alle corde l’interlocutore. Per far questo, però, ci vuole un po’ di sangue caldo e non solo la mania del politicamente corretto e la fobia del politicamente scorretto.
Gianfranco e Silvia