Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

sabato 27 marzo 2010

L’intervista a de Magistris: un confronto fra i redattori del blog

ELISA
Niente da ridire sulla questione della grande e della piccola politica, su cui concordo pienamente (da sempre) con Gaetano (cfr. il POST Luigi de Magistris fra piccola e grande politica). Aggiungo solo qualche nota sull’intervista. Anche io sono rimasta delusa. Non dico che sia stata del tutto inutile, ma in essa si rileva uno scarto fra la cura con cui sono state poste le domande (e la complessità delle domande stesse) e la sciattezza delle risposte. Risposte sensate, in parte condivisibili ma difficili da criticare anche per la loro genericità. Risposte da dare, mentre si cammina di fretta, ad un “giornalista” di un bollettino parrocchiale (che però farebbe altre domande).
Ciò che emerge (e che mi fa tenerezza, dato che conosco bene la passione sociale dell’intervistatore) è che Gianfranco si è gettato allo sbaraglio con la sua lanterna, come Diogene, per trovare un possibile Obama e ha trovato un reale de Magistris (travestito, come diceva Gaetano, da Franceschini). Quando Gianfranco mi ha telefonato dicendo “un disastro!” non ho certo immaginato che de Magistris fosse diventato di destra, ma ho proprio pensato che l’invito non fosse stato compreso.

A dire la verità, ciò che mi ha deluso non è stato tanto che l’intervistato non si fosse preparato, dato che presumibilmente è assediato (nonostante i “filtri” del suo staff) da un sacco di gente, ma il fatto che non abbia colto che le domande erano molto complesse.
Se un mio studente mi chiedesse “professoressa, ma siamo sicuri che là fuori ci sia davvero il mondo che noi vediamo?” io mi preoccuperei: sta impazzendo e percepisce uno scollamento dalla realtà o a 16 anni si è già studiato il neoempirismo? Cercherei di capire meglio e magari di parlargli in separata sede. Non gli risponderei “NO, tranquillo, là fuori c’è il benzinaio e il supermercato”.
L’intervistato invece ha fatto qualcosa del genere e la cosa mi preoccupa. Infatti de Magistris è da tempo una persona di sinistra di solide convinzioni. Non si è improvvisato di sinistra come Di Pietro. Però, come quest’ultimo è arrivato alla politica per via di circostanze particolari. La sua formazione era quella di un magistrato e i magistrati possono anche essere (come certi medici o avvocati) anche persone coltissime ed appassionatissime a temi estranei alle loro competenze professionali, ma possono anche non esserlo. Il lavoro di magistrato è a mio avviso molto difficile ma richiede competenze diverse da quelle di un politico. Un politico deve avere quel “sogno” di cui parlava Gaetano, e deve quindi circondarsi di persone con varie competenze specialistiche allo scopo di convogliare in un’unica direzione (il sogno) le loro capacità: quelle che lui non può avere proprio perché sa tutto e nulla, ma sa dove andare a parare.

Ora se de Magistris è “imprigionato nei suoi pregi” cioè è un eccezionale e apprezzabilissimo magistrato, ma non ha quella sensibilità che serve ad un politico, ben difficilmente potrà essere l’Obama che Gianfranco (e anche io, a dire il vero) sperava di incontrare e magari di aiutare.
Questo non significa che non si debba appoggiare il lavoro anche politico di de Magistris. In un panorama partitico composto da vecchie baldracche e nuovi fessi o da personaggi di buona volontà ma imbelli, una persona pulita, determinata e sinceramente volonterosa è comunque una carta da giocare. Può mettere i bastoni fra le ruote a tanti imbroglioni e può favorire qualche alleanza onesta. Ma difficilmente contribuirà a realizzare nel nostro paese quel grande “sogno per tutti” che Obama ha cercato di prospettare e sta ogni giorno realizzando.

SILVIA
Poiché mi trovo d’accordo con Gaetano e con Elisa non farò “precisazioni” ma allargherò il discorso.
Credo che de Magistris abbia due problemi da risolvere se vuole davvero riuscire a “fare politica” e se non vuole limitarsi a fare il l’eurodeputato (che tra l’altro è un impegno non da poco, che svolge in modo sicuramente impeccabile).
Il primo problema è un problema di tempo, impegno e competenze. Luigi de Magistris ha passato anni preziosi soprattutto a spulciare codici e a studiare intercettazioni e pizzini per mandare in galera dei delinquenti. Un lavoro difficile, snervante e pericoloso. Un lavoro svolto con onore anche quando non era “onorevole”. Ma un lavoro diverso da quello di un politico che deve far politica in un paese in emergenza, in un paese devastato in cui il potere è ramificato e ha mille volti e in cui i cittadini sono disuniti, abbandonati e sfiduciati. Egli ha poco tempo ed ha quindi bisogno di sostegno. Ha bisogno di imparare un mucchio di cose. Ha bisogno di capire cosa imparare e da chi farsi aiutare.

Il secondo problema si riconduce al fatto che, come ogni personaggio pubblico di una certa importanza, non è raggiungibile facilmente e non ha il tempo e il modo di conoscere tutte le persone che potrebbero aiutarlo. Ha l’umiltà di sapere che ha bisogno di aiuto ed anche di chiederlo. Lo ha fatto nel discorso di fine anno che Gianfranco e Marcello hanno “incollato” alla fine del loro POST-recensione al libro Giustizia e potere). Ora, se lui stesso sa di aver bisogno di aiuto e se non è raggiungibile da Gianfranco (che è un professionista serio, che ha pubblicato su carta e sul web quasi una decina di libri e che collabora ad un blog piccolo ma che nessuno può considerare “banale”) … se non è raggiungibile in questo caso, non è raggiungibile da troppe persone capaci e disposte a dargli l’aiuto di cui ha bisogno. Non è raggiungibile da insegnanti, professionisti, collettivi studenteschi, gruppi socialmente impegnati, intellettuali. E se invece è raggiungibile, ma solo superficialmente, e può essere raggiunto, ad esempio in un’intervista, ma si trova catapultato lì senza nemmeno sapere con chi sta parlando … se è raggiungibile solo in questo modo, ha un grosso problema. Perché non può fare politica solo con i suoi quattro amici.

MARCELLO
Gaetano ha definito “povera” l’intervista concessa da de Magistris ed è arrivato a questa conclusione dopo aver fatto un lungo discorso introduttivo sull’importanza di progetti politici non ridotti a riflessioni sul presente. Pur confermando il massimo rispetto per de Magistris ha mostrato una certa amarezza. Elisa ha sottolineato che de Magistris rischia di sprecare le sue capacità se si imprigiona nelle frasi fatte “di sinistra” e se si lascia scappare occasioni come quella che gli ha offerto Gianfranco e che tanti altri possono offrirgli: l’occasione di parlare di temi profondi in modo articolato. Silvia ha posto soprattutto il problema pratico dell’inevitabile filtraggio che de Magistris deve in qualche modo fare: se il filtro è poco efficace egli può venire sommerso e se il filtro è troppo efficace egli rischia di restare solo.

Speravo in qualcosa di più anch’io. Ma, ovviamente, se ad un interlocutore si pongono sempre domande elementari, legate ai fatti del giorno e a questioni di schieramento (chiamiamole di tipo A), questi tenderà a ripetere sempre le stesse risposte di tipo A (o meglio, di tipo E, cioè “elettoralesche”). Se questa prassi diventa abitudine consolidata, l’intervistato rischia inevitabilmente, anche di fronte a domande diverse (chiamiamole di tipo B) di dare le solite risposte di tipo A, come se fosse intrappolato in un riflesso condizionato. La cosa è un po’ triste, ma non irrimediabile.

L’intervistato può anche accorgersi in ritardo della sua risposta e aver voglia di “recuperare” per non perdere l’occasione di tirar fuori il meglio di se stesso: un “meglio” che pochi vogliono, ma di cui tutti hanno bisogno. Sarei curioso di vedere un secondo giro di botta e risposta tra Gianfranco e de Magistris, magari partendo proprio da questa discussione sull’esito del primo giro, e dall’effetto che ha avuto su di noi e sui lettori.
Alcuni decenni di cultura televisiva (di tipo A, ovviamente, dato il livello scadente della programmazione televisiva nel nostro paese) hanno prodotto assuefazione anche negli organismi più sani. Per questa ragione mi limito a registrare questo risultato come un dato fisiologico e a non drammatizzarlo. A favore di de Magistris va anche ricordato un fatto contingente: il filtro troppo fitto non lo aveva “messo in allerta” prima dell’intervista, e il fatto che Gianfranco non sia un personaggio famoso o agganciato a lobby o ad associazioni note “che pesano”, ha pure contribuito a non allertare l’intervistato. Il risultato quindi, per me non va considerato un limite insuperabile.
Se vogliamo che i contenuti che ci stanno a cuore (che collegano politica cultura, processi educativi e fattori emozionali) vengano considerati da persone impegnate in ambito pubblico, dobbiamo insistere.


GIANFRANCO
Un amico mi disse quando il nostro presidente del consiglio stava trattando l’acquisto di una televisione araba: “probabilmente, purtroppo, questa è l’unica possibilità di cambiamento del mondo arabo e fra un paio di decenni là non saranno più integralisti e nemmeno islamici perché saranno diventati tutti imbecilli, come in Italia”. Ho trovato del vero in questa frase, dato che in Italia i credenti sono diventati negli ultimi vent’anni una minoranza strana, mentre i “quasi-credenti” (e i “quasi-atei”) sono cresciuti a dismisura. Da “Drive in” in poi, si è realizzato un lavaggio del cervello mediatico, non costrittivo ma debilitante.
Una parte della responsabilità di questo disastro è però dovuta anche allo svuotamento culturale del paese determinato dalle gerarchie: dalle gerarchie politiche della sinistra (dopo Berlinguer, Lombardi, Basso, Bobbio c’è stato il vuoto) e dalle gerarchie ecclesiastiche (dopo papa Giovanni XXIII c’è stato un altro vuoto). Una leadership politica sbiadita, una guida religiosa più preoccupata di coprire scandali e far soldi con le scuole private e l’onda d’urto dell’idiozia di massa postmoderna e iper-consumista, hanno fatto sì che crollasse l’unica vera forza veramente progressista nella società: la forza di idee ben scandite da una prassi di impegno e di solidarietà. Se abbiamo in testa (e nel cuore) un cambiamento non dobbiamo quindi limitarci a denunciare scandali di palazzo o a farfugliare qualcosa su possibili riformine, ma dobbiamo usare l’unica arma che può indebolire la demenza di massa, cioè una grande cultura di testa e di cuore che tocchi le persone già sveglie e che scuota le persone addormentate.

Io non credo che si possa battere la destra con un cartello elettorale semplicemente “non di destra” e che non si possano coinvolgere i credenti (cattolici, cristiani, islamici, ecc.) in un progetto sociale alternativo finanziando scuole private o moschee. Credo che solo un robusto progetto di solidarietà centrato sul valore della persona (e non del profitto, né della TV, né dei dogmi) possa catturare la “voglia di comunità” che tutti abbiamo.

Questa sinistra ha già dei leader capaci di parlare politichese corretto. Mancano dei leader con una cultura della solidarietà (non del “progresso”), della libertà (non del liberismo), della sacralità della persona. Non bastano leader educati, con più buon gusto e più intelligenza di quelli attuali. Servono (se ci sono) dei leader appassionati alla vita, capaci di parlare di bambini oltre che di famiglia, di cultura del rispetto oltre che di abolizione delle controriforme “golpiste” dell’attuale governo, capaci di parlare di nuovi rapporti fra le persone e di valori profondi e non solo di amministrazione della giustizia. Politici capaci di parlare di futuro, capaci di pensare in grande e di unire le tante forze disponibili allo scopo di colpire l’irrazionalità diffusa che blocca nelle persone la voglia di cambiamento. La mafia stessa va combattuta non solo con i carabinieri e i magistrati, ma con una cultura laica e libertaria che scalzi alla base i valori della tradizione, del potere e del cosiddetto “onore”.

E’ vero: de Magistris ha risposto superficialmente a domande complesse che potevano avere risposte “belle”. Non ha colto la possibilità di un “incontro” anche impegnativo e ha risposto con parole genericamente di sinistra. Tutto sommato, però, preferisco un’intervista “mancata” ad una intervista “apparentemente riuscita” come quella che avrebbe potuto rilasciare un “intellettuale furbo”: ci sono politici che parlano in modo arguto di tutti i massimi sistemi, ma non credono in ciò che dicono perché non sentono nulla. Luigi de Magistris invece sente molto il suo impegno. Per lui la lotta alla mafia ed alla corruzione non sono “mestiere politico” come non erano “mestiere giudiziario”. E’ una persona che fa solo cose in cui crede. Quindi l’intervista “mancata” è comunque migliore di un bluff riuscito: basta che de Magistris inizi a riflettere su questioni che non sono centrali nella sua formazione, ma che devono diventare centrali nella sua carriera di politico. Se lo farà, potrà fare discorsi più articolati e autentici. Credo abbia abbastanza umiltà per aprirsi a riflessioni diverse da quelle che circolano nell’Italia dei valori e negli altri partiti della sinistra. Oggi la cultura di sinistra è minoritaria, ma è soprattutto esterna ai partiti.

Le persone si sentono sradicate nella società. Quelle sensibili si ritirano in spazi circoscritti e lasciano la politica ai mestieranti. Quelle ormai insensibili non sanno nemmeno che ci sia una politica con cui fare i conti. Il compito della politica è quello di costruire un futuro comunitario e non di amministrare una convivenza fra estranei. Per fare ciò la politica ha bisogno di uomini capaci di tradurre i valori in partecipazione, capaci di pensare e di agire o almeno capaci di circondarsi di persone che collaborino ad un laboratorio collettivo di idee e di azioni oggi impensabili. Servono politici capaci di coagulare uno schieramento di forze vecchie non sulla base del loro massimo comun divisore, ma del loro massimo comun potenziale. Servono leader capaci di perdere cinque milioni di voti per trovarne quindici.

A mio avviso de Magistris non ha ancora deciso che ruolo giocare nella sinistra. Sta sondando un nuovo mondo (quello della politica) mentre (di fatto) continua ancora a fare il magistrato all’europarlamento. Il tempo stringe, ma credo che dobbiamo dargli un po’ di tempo.

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