Che bella la neve! Però, che seccatura!
Questo è quanto ha pensato l’onorevole Agostino Ghiglia, membro della Commissione Ambiente dell’attuale legislatura e consigliere comunale a Torino.
Non meno di sei milioni e mezzo di Euro se ne vanno spesi ogni inverno per sgombrare le strade del capoluogo piemontese dal mantello bianco che si frappone al passaggio delle automobili e al camminare spedito dei pedoni, con risultati che, a quanto testimonia l’Onorevole, non sono poi gran che. Una montagna che partorisce un topolino e, dunque, come fanno i chirurghi, bisogna andare alla fonte del male: eliminare la neve.
Come si fa? Semplice: si cospargono le nuvole foriere del foscoliano “nevoso aere” di una mistura di cristalli di ioduro d’argento, di azoto liquido e di cemento, ed ecco che -parola dell’Onorevole - l’intemperia sarà sradicata all’origine e confinata dove ha il dovere di essere, vale a dire sulle piste di sci laddove, se rifiuta di comparire, la si crea sparando cannonate di migliaia di metri cubi d’acqua succhiati dalle falde.
Stante l’autorevolezza scientifica da cui arriva la proposta, non sarò certo io a sollevare dubbi quanto alla certezza del risultato, ma deformazione professionale vuole che io mi chieda se il cerchio del ragionamento sia stato chiuso.
Ponendo che io spedisca in cielo cristalli di ioduro d’argento, l’attrazione gravitazionale pretenderà che, prima o poi, questi ricadano al suolo. Magari non saranno più cristalli, quella forma essendo stata idrolizzata dall’acqua sospesa in atmosfera, ma iodio e argento, uniti in molecola o separati che siano, galleggeranno per un po’ in aria e poi ce li ritroveremo per terra. Nel loro lento viaggio di ritorno verso il basso, i due elementi saranno per forza di cose inalati da chi ha la ventura di trovarsi a tiro, e se qualcuno arriverà ad affermare che respirare iodio è un toccasana per la tiroide e fa diventare intelligenti, risulterà difficile individuare un beneficio, anche in via presuntiva, legato all’inalazione dell’argento.
Tralasciando i dubbi relativi alle conseguenze di un raffreddamento locale dell’atmosfera provocato dall’irrorazione di azoto liquido (a 195 gradi sotto zero l’azoto bolle e, dunque, per mantenerlo liquido deve essere più freddo), restano le perplessità legate alla polvere di cemento. Questo, a somiglianza di quanto accade per lo ioduro d’argento e per qualunque altra polvere eventualmente rilasciata in cielo - come accade negl’inceneritori, nelle fonderie e, guarda un po’, nei cementifici - ritornerà lentamente a terra in obbedienza alle leggi della fisica.
E se la fisica rimanda al mittente ciò che non esce dal campo gravitazionale terrestre, la medicina moderna c’informa che inalare cemento, vale a dire silicati ed alluminati insolubili, non biodegradabili e non biocompatibili, non fa gran che bene. Infarti, ictus, tromboembolie polmonari, cancri, malattie endocrine, malattie neurologiche, aborti, malformazioni fetali sono alcune delle conseguenze non improbabili di un’esperienza del genere, e l’onorevole Ghiglia mi perdonerà se condizioni del genere io non mi sento di barattarle in cambio di strade non innevate. Non dimentichiamo, poi, che le polveri ricadute a terra ricoprono finemente frutta, verdura e cereali e chi si mangia quella roba, magari a molti chilometri di distanza da Torino e dintorni, rischia le stesse patologie in cui incorre chi le polveri è costretto ad inalarle.
Così, dopo aver introdotto su questo pianeta il concetto di rifiuto, qualcosa di estraneo all’equilibrio naturale, dopo aver cancellato chissà quante specie animali e vegetali, impoverendo la biodiversità, dopo aver depredato i suoli della loro fertilità cercando poi di ovviare alla situazione con la somministrazione di concimi chimici la cui produzione è di per sé energivora ed inquinante e la cui composizione è ahimé lontana da ciò di cui la terra ha bisogno, ora ci dedichiamo al clima. Per prima cosa ci diamo da fare per convincere tutti che le variazioni repentine cui assistiamo non dipendono per nulla da noi e che il cosiddetto effetto serra è una bufala, per poi detronizzare Giove Pluvio e prendere noi le redini della situazione. Insomma, stiamo dando una bella lezione alla Natura.
Affermare che l’Universo abbia avuto un creatore pensante e dotato di volontà rientra negli atti di fede, cosa che nessun uomo di scienza può sottoscrivere senza uscire dal suo campicello. Ciò che l’uomo di scienza può affermare, però, è che il pianeta in cui viviamo si regge sopra un equilibrio delicatissimo e che è proprio questo equilibrio a permettere l’esistenza della varietà di vita così come noi siamo assuefatti a conoscerla. Nel caso in cui qualche componente di questo equilibrio venga a mancare e altri ne sopravvengano, è cosa automatica che la Terra assumerà un equilibrio diverso. Che, poi, il nuovo equilibrio sia compatibile con la perpetuazione dell’Homo sapiens non è affatto detto, soprattutto tenendo conto di come i meccanismi di adattamento biologico richiedano selezioni lunghe e complesse che occupano moltissime generazioni, il tutto secondo una lentezza inadeguata alla velocità con cui noi stiamo cambiando l’acquario, per tornare alla similitudine iniziale. È un malaugurato dato di fatto, ci piaccia o no: biologia e cultura, intesa quest’ultima come il bagaglio di sapere e di abitudini sviluppato e trasmesso alla generazione che segue, non sanno viaggiare di pari passo.
Certo, come l’Apprendista Stregone della favola, è difficile resistere alla tentazione di maneggiare le bottigliette magiche affollate sugli scaffali, ed è ancor più difficile se a quelle bottigliette si ha facile accesso senza il lasciapassare di una conoscenza solida che implichi anche la saggezza. Il che è quanto accade in non pochi uomini politici i quali, ubriacati dal piccolo potere concesso loro dagli uomini, s’illudono grottescamente, quel potere, di avere la capacità e finanche il diritto di estrapolarlo a livello della Natura.
La mitologia greca racconta di come Giove avesse pensato di eliminare l’uomo dalla faccia della Terra, ma racconta anche di come, poi, non si sia dato la pena di farlo, ben sapendo che quell’eliminazione se la sarebbe inflitta l’uomo stesso abusando delle proprie capacità.
Catastrofismo? Può darsi. Ognuno, però, soppesi serenamente la situazione, sia freddamente obiettivo ed emetta i suoi pronostici. Se ho sbagliato, il primo a rallegrarsene sarò proprio io.
Stefano Montanari
Questo è quanto ha pensato l’onorevole Agostino Ghiglia, membro della Commissione Ambiente dell’attuale legislatura e consigliere comunale a Torino.
Non meno di sei milioni e mezzo di Euro se ne vanno spesi ogni inverno per sgombrare le strade del capoluogo piemontese dal mantello bianco che si frappone al passaggio delle automobili e al camminare spedito dei pedoni, con risultati che, a quanto testimonia l’Onorevole, non sono poi gran che. Una montagna che partorisce un topolino e, dunque, come fanno i chirurghi, bisogna andare alla fonte del male: eliminare la neve.
Come si fa? Semplice: si cospargono le nuvole foriere del foscoliano “nevoso aere” di una mistura di cristalli di ioduro d’argento, di azoto liquido e di cemento, ed ecco che -parola dell’Onorevole - l’intemperia sarà sradicata all’origine e confinata dove ha il dovere di essere, vale a dire sulle piste di sci laddove, se rifiuta di comparire, la si crea sparando cannonate di migliaia di metri cubi d’acqua succhiati dalle falde.
Stante l’autorevolezza scientifica da cui arriva la proposta, non sarò certo io a sollevare dubbi quanto alla certezza del risultato, ma deformazione professionale vuole che io mi chieda se il cerchio del ragionamento sia stato chiuso.
Ponendo che io spedisca in cielo cristalli di ioduro d’argento, l’attrazione gravitazionale pretenderà che, prima o poi, questi ricadano al suolo. Magari non saranno più cristalli, quella forma essendo stata idrolizzata dall’acqua sospesa in atmosfera, ma iodio e argento, uniti in molecola o separati che siano, galleggeranno per un po’ in aria e poi ce li ritroveremo per terra. Nel loro lento viaggio di ritorno verso il basso, i due elementi saranno per forza di cose inalati da chi ha la ventura di trovarsi a tiro, e se qualcuno arriverà ad affermare che respirare iodio è un toccasana per la tiroide e fa diventare intelligenti, risulterà difficile individuare un beneficio, anche in via presuntiva, legato all’inalazione dell’argento.
Tralasciando i dubbi relativi alle conseguenze di un raffreddamento locale dell’atmosfera provocato dall’irrorazione di azoto liquido (a 195 gradi sotto zero l’azoto bolle e, dunque, per mantenerlo liquido deve essere più freddo), restano le perplessità legate alla polvere di cemento. Questo, a somiglianza di quanto accade per lo ioduro d’argento e per qualunque altra polvere eventualmente rilasciata in cielo - come accade negl’inceneritori, nelle fonderie e, guarda un po’, nei cementifici - ritornerà lentamente a terra in obbedienza alle leggi della fisica.
E se la fisica rimanda al mittente ciò che non esce dal campo gravitazionale terrestre, la medicina moderna c’informa che inalare cemento, vale a dire silicati ed alluminati insolubili, non biodegradabili e non biocompatibili, non fa gran che bene. Infarti, ictus, tromboembolie polmonari, cancri, malattie endocrine, malattie neurologiche, aborti, malformazioni fetali sono alcune delle conseguenze non improbabili di un’esperienza del genere, e l’onorevole Ghiglia mi perdonerà se condizioni del genere io non mi sento di barattarle in cambio di strade non innevate. Non dimentichiamo, poi, che le polveri ricadute a terra ricoprono finemente frutta, verdura e cereali e chi si mangia quella roba, magari a molti chilometri di distanza da Torino e dintorni, rischia le stesse patologie in cui incorre chi le polveri è costretto ad inalarle.
Così, dopo aver introdotto su questo pianeta il concetto di rifiuto, qualcosa di estraneo all’equilibrio naturale, dopo aver cancellato chissà quante specie animali e vegetali, impoverendo la biodiversità, dopo aver depredato i suoli della loro fertilità cercando poi di ovviare alla situazione con la somministrazione di concimi chimici la cui produzione è di per sé energivora ed inquinante e la cui composizione è ahimé lontana da ciò di cui la terra ha bisogno, ora ci dedichiamo al clima. Per prima cosa ci diamo da fare per convincere tutti che le variazioni repentine cui assistiamo non dipendono per nulla da noi e che il cosiddetto effetto serra è una bufala, per poi detronizzare Giove Pluvio e prendere noi le redini della situazione. Insomma, stiamo dando una bella lezione alla Natura.
Affermare che l’Universo abbia avuto un creatore pensante e dotato di volontà rientra negli atti di fede, cosa che nessun uomo di scienza può sottoscrivere senza uscire dal suo campicello. Ciò che l’uomo di scienza può affermare, però, è che il pianeta in cui viviamo si regge sopra un equilibrio delicatissimo e che è proprio questo equilibrio a permettere l’esistenza della varietà di vita così come noi siamo assuefatti a conoscerla. Nel caso in cui qualche componente di questo equilibrio venga a mancare e altri ne sopravvengano, è cosa automatica che la Terra assumerà un equilibrio diverso. Che, poi, il nuovo equilibrio sia compatibile con la perpetuazione dell’Homo sapiens non è affatto detto, soprattutto tenendo conto di come i meccanismi di adattamento biologico richiedano selezioni lunghe e complesse che occupano moltissime generazioni, il tutto secondo una lentezza inadeguata alla velocità con cui noi stiamo cambiando l’acquario, per tornare alla similitudine iniziale. È un malaugurato dato di fatto, ci piaccia o no: biologia e cultura, intesa quest’ultima come il bagaglio di sapere e di abitudini sviluppato e trasmesso alla generazione che segue, non sanno viaggiare di pari passo.
Certo, come l’Apprendista Stregone della favola, è difficile resistere alla tentazione di maneggiare le bottigliette magiche affollate sugli scaffali, ed è ancor più difficile se a quelle bottigliette si ha facile accesso senza il lasciapassare di una conoscenza solida che implichi anche la saggezza. Il che è quanto accade in non pochi uomini politici i quali, ubriacati dal piccolo potere concesso loro dagli uomini, s’illudono grottescamente, quel potere, di avere la capacità e finanche il diritto di estrapolarlo a livello della Natura.
La mitologia greca racconta di come Giove avesse pensato di eliminare l’uomo dalla faccia della Terra, ma racconta anche di come, poi, non si sia dato la pena di farlo, ben sapendo che quell’eliminazione se la sarebbe inflitta l’uomo stesso abusando delle proprie capacità.
Catastrofismo? Può darsi. Ognuno, però, soppesi serenamente la situazione, sia freddamente obiettivo ed emetta i suoi pronostici. Se ho sbagliato, il primo a rallegrarsene sarò proprio io.
Stefano Montanari