Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

mercoledì 26 agosto 2009

Vergogna, orgoglio e femminilità

Quando incrocio per strada quelle donne imbacuccate come delle befane (in genere, almeno nel nostro paese, non portano anche il velo!) con le facce da novantenni già a 30 anni, mi innervosisco e a volte sento una gran voglia di scuoterle e di urlare “Togliti quella roba! lascia vedere che sei bella e fregatene di ciò che pensano i tuoi genitori o tuo marito!. Lasciali e scappa da sola o con i figli se ne hai! Trovati un maschio e non ti accontentare di un uomo che dopo aver pregato per i suoi peccati teme che gli altri ti guardino e ti vedano peccatrice! Smettila di avere quella paura negli occhi, smettila di rendere brutto il mondo con la tua passività! Essere donna è essere prima di tutto viva e orgogliosa di essere viva e di essere donna!. Essere donna significa sentirsi prima di tutto femmina e lasciare che tutti lo sappiano”.

In realtà non ho mai fatto un gesto così inopportuno e inutile. Quando mi viene quell’impulso penso alla strada che ho dovuto fare io. Penso a quando da bambina sentii la stessa vergogna che sentono queste donne. Quel sentimento scomodo mi assalì in una famiglia cattolica, anziché in una famiglia islamica. Ricordo che da piccola provavo una fortissima curiosità per il pisellino di un mio compagno di giochi e quando capitava gli chiedevo di tirare giù i pantaloni. Lui era disponibile, ma voleva vedere la patatina. Un buon affare per entrambi. Uno gioco allegro. Una cosa della vita. Mia madre non fu d’accordo e dopo qualche anno anche il prete con cui mi confessai per la prima volta ebbe qualche frase “intelligente” da rifilarmi per farmi vergognare. Ma io mi ero già vergognata con mia madre, tanto da essere certa di non poter parlare della cosa a mio padre. Terribile questa “intimità fra donne”!

Non serve scuotere una persona che passa le sue giornate a legarsi. Non serve aggredire con le parole chi già si colpisce con la vergogna.

Bisogna invece colpire sul piano intellettuale le persone che vogliono “dialogare” con chi manifesta una cultura violenta verso le donne, verso i bambini e, penso, anche verso gli uomini imprigionati più di quelli occidentali in un’ottusità spenta, in cui il cazzo è solo una macchina da guerra anziché un’estensione della soggettività. Bisogna scuotere chi non osa discutere questi pregiudizi “importati” perché per farlo dovrebbe discutere i pregiudizi nostrani e rischierebbe di “turbare” i cattolici.

C’è un problema: la sinistra per motivi puramente elettorali e per mancanza di spina dorsale (o forse anche per manie di potere nel senso peggiore del termine) non vuole più contestare i privilegi della Chiesa (e quelli solidissimi e materialissimi del Vaticano). Nega di essere debole o di aver incassato i trenta denari e afferma di essere tollerante. Così però deve risultare tollerante anche verso altre culture religiose altrettanto retrive e deve vendere questa debolezza ulteriore come rispetto per altre culture. Questa estrema disponibilità a dialogare senza opporre nulla a modelli di vita violenti, repressivi e svalutanti lascia un vuoto. Questa rinuncia ad una costruttiva dialettica culturale favorisce la diffusione (già in atto, purtroppo) di un’insofferenza rozza, priva di spessore culturale, priva di valori e davvero intollerante ed etnocentrica (un’insofferenza che i reazionari sanno fare a fomentare e cavalcare).

Solo una cultura laica robusta e ben radicata può arginare sia il moralismo che continua a dilagare per via della tradizione cattolica, sia quello importato da altre culture con l’immigrazione. Solo un umanesimo moderno può colmare i vuoti della cultura contemporanea e può impedire che questi vuoti vengano riempiti da rigurgiti di conservatorismo.

Non penso che chi ha responsabilità politiche debba scatenare guerre di religione, ma penso che debba sottolineare che se ci siamo conquistati una cultura meno barbara di quella dell’Italia fascista non possiamo, per amore della democrazia e del pluralismo, accettare qualsiasi cosa.
Almeno come stato e come società dobbiamo affermare dei valori che le religioni (compresa quella più radicata nel nostro paese) tendono a calpestare: il valore della persona, della sessualità, dell’amore (di quello vero e non di un’idea di amore sbandierata per svilire il piacere), della vita (della vita vera e non solo della vita potenziale dei feti o della vita artificiale di chi è in stato vegetativo). Valori che nascono da sentimenti puliti e non dalla logica del potere e del disprezzo.

Purtroppo, però, i politici (anche quelli “progressisti”) non hanno convinzioni forti, non trasudano sentimenti quando parlano, non sono mai davvero indignati o appassionati, perché mentre parlano di cose importanti pensano soprattutto a non spaventare i cattolici. Così il laicismo resta un principio astratto da realizzare gradualmente. Tanto gradualmente che nessuno ci pensa più.

*Elisa

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