Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

domenica 16 agosto 2009

Il fumo è dannoso quasi come la lotta al fumo

Riprendo alcuni brani da un mio saggio del 2003 riguardante l’avvio in grande stile della guerra ai fumatori, con la scusa della tutela della salute. A ciò ho aggiunto alcune considerazioni nuove, dato che negli ultimi anni la cultura del controllo si è “allargata” diventando un vero vizio mentale dei governi e delle opposizioni, tollerato quasi da tutti e sopportato silenziosamente da tanti.
Alle persecuzioni rivolte ai fumatori si è aggiunta di recente quella rivolta agli alcolisti (che comunque non meriterebbero persecuzioni) e a chi alcolista non è, ma rischia molto se beve mezzo bicchiere oltre al minimo consentito. Si è aggiunta la persecuzione rivolta a chi guida e rischia costantemente multe e punti della patente per divieti di velocità spesso semplicemente improponibili e infrazioni accertate dall’occhio dell’autovelox.
Ciò che preoccupa è che questa cultura del controllo, accettata anche dalle sinistre (candidamente ignare del nesso fra essa, la personalità autoritaria e l’ideologia fascista), sta dilagando e, guarda caso, procede di pari passo con l’emergere di atteggiamenti xenofobi, razzisti e fantasie soft di fascismo (non squadracce, ma piccole ronde), mentre i mezzi di comunicazione di massa colmano il vuoto di cultura e di valori con banalità trasformate in disinformazione sistematica.

La guerra al fumo, avviata da diversi anni, non mi ha mai convinto anche se condivido al cento per cento l'idea di impedire a chi fuma di danneggiare i non fumatori, l'idea di scoraggiare nei giovani l'abitudine al fumo, l'idea di favorire nei fumatori la decisione di interrompere un'abitudine nociva. Trovo assolutamente gratuito il divieto di fumo negli spazi pubblici particolarmente ampi (si pensi agli aeroporti e alle stazioni ferroviarie) mentre credo che si sarebbe potuto fare di più per responsabilizzare i fumatori nei confronti dei bambini ed anche degli animali domestici.
I primi passi sono stati il divieto di fumo nelle sale cinematografiche e nei mezzi di trasporto pubblici. Negli ospedali però è passato non solo il divieto di fumare negli spazi condivisi, ma il divieto di fumare in qualsiasi spazio, anche se la permanenza degli accompagnatori o dei visitatori in attesa spesso si prolunga per molte ore. Sembra che prevedere spazi per fumatori in luoghi di cura costituisca un implicito "incitamento al crimine", come se l'istituzione del divorzio costituisse un incitamento al fallimento delle relazioni coniugali.

La logica semplice e rozza che tende ad affermarsi è quella secondo cui il fumo fa male e quindi non si possono riservare spazi ai fumatori, dato che questi non dovrebbero esserci. Le iniziative legislative contro il fumo procedono più velocemente delle iniziative volte a migliorare la qualità dei servizi sanitari. I fondi destinati alla sanità sono sempre scarsi rispetto alle ragionevoli aspettative degli addetti ai lavori e dei cittadini, ma poiché i divieti non costano nulla, i fumatori perdono la possibilità di sentirsi a loro agio nei ristoranti, nei bar, nei treni. In California è già proibito fumare in spiaggia e questa idea prima o poi intrigherà la mente di qualche ministro. Prima o poi i fumatori potranno fumare una sigaretta solo fra le mura della loro casa. La differenza fra la tutela dei non fumatori e la persecuzione dei fumatori è evidente.
Le scritte che stravolgono la grafica dei pacchetti di sigarette costituiscono solo un piccolo passo nel percorso della campagna anti-fumo che ha radici psicologiche ed implicazioni filosofiche e sociali tutt'altro che lievi, riguardanti le relazioni fra individuo e gruppo, il rispetto per le persone, il rapporto fra pregiudizi e violenza.

Apparentemente l'allarme rosso nei confronti del fumo rispecchia due orientamenti di fondo:
A) elevare la consapevolezza collettiva della prevenzione sanitaria
B) proteggere le persone da abitudini che per quanto ritenute piacevoli sono dannose alla salute.

Il collegamento fra queste due intenzioni si traduce in un particolare modo di intervenire sulla realtà sociale caratterizzato
A) dalla diffusione di idee che colgono la pericolosità delle sigarette MA NON di altre cose dannosissime per la salute
B) da interventi restrittivi deliberatamente diretti alle persone che fumano MA NON ad altre persone che mettono in altri modi in pericolo la loro salute (o la loro vita) e la salute (o la vita) degli altri.

La salute delle persone è minacciata da molte cose. Perché dimenticare il caffè, il tè e soprattutto l'alcol?
La cosa interessante è che le “autorità” hanno da un po’ di tempo intrapreso una crociata anche nei confronti dell’alcol, scambiando un dato culturale e in molti casi, purtroppo, psicologico (abbastanza grave), per un problema di igiene, sicurezza e convivenza sociale. Le bottiglie degli alcolici continuano ad essere belle, ma i controlli sui guidatori assolutamente invasivi e insensati, dal momento che già con due birre si risulta sbronzi secondo il verdetto del “palloncino”. Anche i segnali luminosi nelle autostrade che invitano a non bere in stato di ebbrezza, solo per le menti contorte delle autorità preposte convincono gli alcolisti a non guidare dopo aver bevuto.

Nella logica paternalistica secondo cui lo stato deve proteggere i cittadini "sprovveduti", l’ossessione del controllo delle abitudini individuali potrebbe declinarsi in moltissime direzioni.
I bambini, soprattutto, ma anche le persone fragili psicologicamente e potenzialmente inclini alla bulimia ricevono massicce sollecitazioni pubblicitarie riguardanti cioccolata, merendine e dolciumi di tutti i generi. Non leggono mai, nelle confezioni che acquistano, una riga sui danni inflitti al loro organismo da certe sostanze. Persone con problemi opposti ricevono costantemente, attraverso canali pubblicitari autorizzati, fortissime sollecitazioni a dimagrire senza alcuna ragionevole necessità.
Come si sa, la carne è altamente ossidante e favorisce quindi il cancro. Nella logica dell'attuale campagna anti-fumo, qualche cartello in macelleria sarebbe utile per allarmare i carnivori che si ostinano a non essere vegetariani o almeno per disturbarli mentre fanno la spesa.
Non dovrebbero essere trascurati nemmeno gli effetti collaterali delle medicine, quelli annotati a caratteri microscopici in fondo ai bigliettini ripiegati all'interno delle confezioni. Si potrebbero esporre dei cartelli nelle vetrine delle farmacie con scritte di questo tipo: "I farmaci spesso fanno più male che bene".

Con queste osservazioni non sto dicendo che stampare predicozzi e paternali sulle bottiglie di alcolici o sulla cioccolata o mettere ovunque cartelli psicologicamente terroristici sarebbe segno di intelligenza e lungimiranza. Dico solo che ciò rifletterebbe in altri ambiti la logica bizzarra di un aspetto particolarmente evidente della campagna anti-fumo in corso.

A questo punto è necessario considerare cosa accadrebbe se l'attuale "logica della prevenzione" venisse applicata in ambiti in cui non si aspira o non si beve o non si mangia nulla, ma in cui le persone mettono comunque in pericolo la loro salute e la loro vita. Nella logica della corrente campagna anti-fumo si dovrebbero vendere autovetture di grossa cilindrata recanti sulle portiere delle "perle di saggezza" riguardanti teste fracassate, ossa rotte, corpi carbonizzati e roba del genere. Forse sarebbero da prendere in considerazione anche scritte filosoficamente profonde sui paraurti come "La velocità uccide". Ovviamente per ridurre davvero gli incidenti si potrebbero modificare ulteriormente i limiti di velocità: 70 km. orari in autostrada, 50 nelle strade statali e 30 nei centri abitati.

Se portiamo alle sue estreme conseguenze la logica della "prevenzione invasiva" e dello scoraggiamento attivo di ogni attività rischiosa esercitata per ragioni "futili" dobbiamo concludere che la società dovrebbe proteggere non solo i fumatori, ma altri persone che per un superficiale edonismo mettono a repentaglio la loro incolumità: in particolare dovrebbe tutelare le persone che si dedicano a sport pericolosi come lo sci, l'equitazione, la boxe, ecc. Dovrebbe imporre striscioni, manifesti o cartelli "scoraggianti" sui campi da sci, nei centri ippici o nelle palestre. Anche le Agenzie Viaggi: dovrebbero affiggere statistiche aggiornate su incidenti aerei e ferroviari, sequestri e atti terroristici riguardanti aerei, aeroporti, treni e stazioni ferroviarie. Non sarebbero da escludere nemmeno alcune scritte sui biglietti aerei e ferroviari finalizzate a scoraggiare la gente a viaggiare in assenza di reali ed impellenti necessità.

Se la società promuove la campagna anti-fumo con provvedimenti limitativi allo scopo di tutelare la salute e la vita delle persone, dovrebbe considerare altri provvedimenti limitativi volti a tutelare altre categorie di persone che meritano la stessa attenzione. Sarebbe ragionevole (nella logica del paternalismo premuroso) vietare ad esempio tutte le manifestazioni politiche, perché poi va a finire che alcuni lanciano sassi e la polizia spara. Sarebbero da vietare anche le partite di calcio, dato che spesso c'è chi tira fuori i bastoni. La strategia del "Prevenire e reprimere" dovrebbe portare all'abolizione delle ferie in agosto, durante le quali tante persone muoiono in incidenti stradali per ragioni futili come andare al mare o in montagna. La società, in tale logica da Grande Fratello dovrebbe, per coerenza, occuparsi del bene di tutti e non solo del bene dei fumatori.

Mi sta particolarmente a cuore precisare che non sto scrivendo una sola riga che non scriverei se fossi un non fumatore. Credo che le idee siano accettabili se risultano ragionevoli per una persona e non solo se favoriscono le sue soggettive preferenze o abitudini.
Quando da bambino vedevo i western, ormai classici, di John Ford in cui le zitelle dell'Esercito della Salvezza predicavano contro l'alcol provavo un'immediata antipatia per le persone che si opponevano con tanta caparbietà alle abitudini di altre persone. Crescendo ho maturato una convinta avversione per tutte le "campagne contro qualcosa". Non bevo superalcolici, amo la birra e consumo regolarmente birra analcolica, ma questo non mi rende insofferente né verso chi beve un bicchierino ogni tanto, né verso chi si ubriaca regolarmente, anche se considero l'alcolismo un brutto modo di vivere. Sono contrario ai controlli a tappeto volti a verificare il tasso alcolico dei guidatori.
Guidando per strada so che rischio di incontrare (molti) imbecilli e (pochi) ubriachi. Devo convivere con questo fatto perché il punto in questione non è se a me piace o non piace bere un bicchierino o ubriacarmi, ma se faccio crescere in me un senso di riprovazione, di allarme, di odio per chi ha abitudini diverse dalle mie.
L’alcolismo è un disturbo grave e la cultura della sbronza in compagnia è comunque un segno di disagio personale. Affrontare questi problemi con palloncini e divieti è insensato come affrontare il problema dell’inquinamento urbano riducendo i parcheggi o come affrontare il problema della prostituzione multando prostitute e clienti.

La tolleranza ha una sua logica ed anche l'intolleranza. Anche a proposito di temi molto banali l'intolleranza si esprime come violenza nei riguardi di persone reali, vulnerabili e feribili. Molti, quando ero giovane, additavano i ragazzi con i capelli lunghi come delinquenti e le ragazze con le gonne corte come sgualdrine. Opere cinematografiche come Easy Rider (Dennis Hopper, 1969) o Soldato Blu (Ralph Nelson, 1970), o Qualcuno volò sul nido del cuculo (Milos Forman, 1975), hanno sottolineato la violenza dell'intolleranza. La scuola di Francoforte e molti studiosi, come W.Reich ed Erich Fromm avevano già analizzato le dinamiche del pensiero autoritario. Non intendo assimilare l'intolleranza per certe mode allo sterminio degli indiani del Nord America o alla persecuzione degli ebrei. La qualità del pensiero è però molto simile: si delinea un confine rigido fra il Sé ed il "non-Sé" e si stabilisce che fra ciò che è al di qua ed al di là del confine ci sia un abisso non colmabile con il rispetto.
La mancanza di rispetto non è necessariamente violenta in termini materiali, ma è comunque una forma di violenza. Questo non ha a che fare con le preferenze e con le convinzioni soggettive. Altre persone possono essere profondamente distante dalle nostre particolari idee o abitudini e possiamo considerare le loro scelte assolutamente errate senza con ciò offendere la loro dignità.

Per approfondimenti relativi alle tematiche della persecuzione dei fumatori rinvio al sito

http://www.forcesitaly.org/

Per approfondimenti relativi alla “cultura del controllo” nei suoi aspetti più generali e a quella che chiamo “cultura del rispetto”, rinvio ai miei prossimi tre post (che saranno pubblicati sabato 22 Agosto, sabato 29 Agosto e domenica 6 Settembre).
Gianfranco

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