Dire che non mi piacciono i bambini è falso, dire che mi piacciono tout-court è eccessivo. Direi che mi piacciono quelli simpatici. Poiché sono "normalmente" nevrotico e mal sopporto la nevrosi degli altri, non mi piacciono i bambini figli di coppie nevrotiche, cioè in prima battuta quasi tutti. Poi però mi ispirano tristezza, e paradossalmente (anzi no) acquistano qualche punto in più, perché sono proprio come ero io da piccolo e allora mi sembrano un po' più simpatici. I loro genitori invece non fanno quasi mai dei punti. E qui viene il primo problema: quando i genitori sono miei amici.
I miei amici che hanno prole si dividono in quattro categorie, in base a quello che, per esempio in inverno, dicono al figlio:
Quello che mi interessa qui è il mio margine di manovra tra l'affetto per i miei amici e il rispetto per me stesso.
Il legame potrebbe non essere evidente subito, ma la domanda è: se un bambino è infelice perchè i genitori sono un po' coglioni, la cosa mi riguarda oppure no?
Esistono validi motivi per un genitore a non interferire con il figlio (vedi opere di A.S. Neill), dove la non-interferenza non significa abbandono o assenza di controllo ma far vivere al figlio la vita che lui vuole vivere. L'obiezione "se mio figlio vuole fare il tossico" non è un'obiezione, ma, nel caso, una verifica della (tristemente) "normale" inversione tra causa ed effetto. Infatti se ad un bambino viene lasciata la possibilità di autoregolarsi cresce come un adulto equilibrato e non diventa un tossicodipendente, per esempio.
Ne esiste qualcuno di valido allora per interferire con i genitori?
I genitori hanno la patria potestà sul figlio e il diritto-dovere di educarlo. Poiché è figlio loro, lo educano come pare a loro. Questa è la prassi e questo è quello che si rischia di sentirsi dire se ci si intromette.
Ma se crescono il figlio come un imbecille, e poi questi a diciotto anni vota per un partito repressivo totalitario, è ancora solo un fatto loro? Finché non ti incarcerano per reati di opinione, potresti anche avere la pigrizia e dire di sì. Ovviamente non è questione di mettersi sistematicamente a ficcare il naso, perché all'educazione contribuiscono in effetti la scuola e la società in genere. Queste però agiscono a valle del principale formatore che è il genitore, sia come tempi che come priorità negli elementi formativi. Va a scuola (materna) dopo i tre anni e il principale elemento formativo è quello caratteriale (diciamo psicologico ed emotivo) e viene somministrato dai genitori. Anche nell'ipotesi (inverosimile per l'Italia del 2009) di una scuola e una società sana e razionale, queste orienteranno alla bellemeglio un soggetto già nevrotico, che non potrà ridurre la sua nevrosi finché non farà un qualche percorso psicoterapico.
Ma il canale privilegiato di formazione è quello dei genitori, in particolare nei primi e primissimi tempi, in cui se non gli si lascia nemmeno la possibilità di sentire il freddo o il caldo che sente, difficilmente diventerà un adulto sicuro ed equilibrato, il quale a sua volta alleverà figli insicuri e disturbati. E quindi torniamo al primo problema: visto che l'unico punto di interruzione in questo circolo vizioso è un cambiamento dei genitori prima che facciano dei figli, come faccio con i miei amici e i loro marmocchi?
Marcello
I miei amici che hanno prole si dividono in quattro categorie, in base a quello che, per esempio in inverno, dicono al figlio:
- ".." (niente, se il figlio fa capire di avere freddo, gli danno un maglione);
- "vuoi il maglione?" (magari insistentemente, proccupandosi che possa prender freddo);
- "prendi subito il maglione!" (pensando che il figlio magari ha freddo, ma è un po' discolo e non se lo vuole mettere);
- "prendi il maglione 'ché hai freddo" (pensando che il figlio non sia capace di sapere se ha freddo o no).
Quello che mi interessa qui è il mio margine di manovra tra l'affetto per i miei amici e il rispetto per me stesso.
Il legame potrebbe non essere evidente subito, ma la domanda è: se un bambino è infelice perchè i genitori sono un po' coglioni, la cosa mi riguarda oppure no?
Esistono validi motivi per un genitore a non interferire con il figlio (vedi opere di A.S. Neill), dove la non-interferenza non significa abbandono o assenza di controllo ma far vivere al figlio la vita che lui vuole vivere. L'obiezione "se mio figlio vuole fare il tossico" non è un'obiezione, ma, nel caso, una verifica della (tristemente) "normale" inversione tra causa ed effetto. Infatti se ad un bambino viene lasciata la possibilità di autoregolarsi cresce come un adulto equilibrato e non diventa un tossicodipendente, per esempio.
Ne esiste qualcuno di valido allora per interferire con i genitori?
I genitori hanno la patria potestà sul figlio e il diritto-dovere di educarlo. Poiché è figlio loro, lo educano come pare a loro. Questa è la prassi e questo è quello che si rischia di sentirsi dire se ci si intromette.
Ma se crescono il figlio come un imbecille, e poi questi a diciotto anni vota per un partito repressivo totalitario, è ancora solo un fatto loro? Finché non ti incarcerano per reati di opinione, potresti anche avere la pigrizia e dire di sì. Ovviamente non è questione di mettersi sistematicamente a ficcare il naso, perché all'educazione contribuiscono in effetti la scuola e la società in genere. Queste però agiscono a valle del principale formatore che è il genitore, sia come tempi che come priorità negli elementi formativi. Va a scuola (materna) dopo i tre anni e il principale elemento formativo è quello caratteriale (diciamo psicologico ed emotivo) e viene somministrato dai genitori. Anche nell'ipotesi (inverosimile per l'Italia del 2009) di una scuola e una società sana e razionale, queste orienteranno alla bellemeglio un soggetto già nevrotico, che non potrà ridurre la sua nevrosi finché non farà un qualche percorso psicoterapico.
Ma il canale privilegiato di formazione è quello dei genitori, in particolare nei primi e primissimi tempi, in cui se non gli si lascia nemmeno la possibilità di sentire il freddo o il caldo che sente, difficilmente diventerà un adulto sicuro ed equilibrato, il quale a sua volta alleverà figli insicuri e disturbati. E quindi torniamo al primo problema: visto che l'unico punto di interruzione in questo circolo vizioso è un cambiamento dei genitori prima che facciano dei figli, come faccio con i miei amici e i loro marmocchi?
Marcello