Dato un triangolo rettangolo... trovo che nonostante si viva in un'epoca "scientifica", ci sia un gran difetto di cultura scientifica.
Non mi riferisco al fatto che pochi conoscano il teorema di Shannon sui segnali digitali, che, se vogliamo, è da specialisti. Ma al difetto di forma mentis, che porta ad essere approssimativi, a non considerare i fatti, e ad essere un po' creduloni. Le conseguenze sono nefaste non solo per il progresso della scienza stessa (la quale in verità possiederebbe dei meccanismi per limitare i danni dovuti ai "vizi" di chi fa scienza), ma per la vita di tutti, ad ogni livello.
Dato un triangolo rettangolo... se in un anno (2007, fonte ministeriale, riportata da ADUC) in Italia muoiono 517 persone per overdose ma ne muoiono circa 24000 per cause legate all'alcool ciononostante si insiste sull'"emergenza droga".
Non si tratta ovviamente di incoraggiare i giovani a farsi le pere allegramente o ad impasticcarsi. Ma di giudicare le priorità, personali e soprattutto collettive nella giusta prospettiva. Cioè in una prospettiva razionale. Per ricollocare nella corretta dimensione il "problema droga" basterebbe riconoscere che il proprio pargolo ha una probabilità di morire per cirrosi epatica 50 volte superiore a quella di morte per overdose. L'attenzione educativa e legislativa andrebbe rivolta a proteggerci dai pericoli maggiori prima di tutto. E' evidente che in un modello culturale in cui il consumo di alcool è tollerato ("fa allegria" e "mezzo bicchiere non fa male a nessuno") o addirittura incoraggiato ("fa buon sangue" ed "è da uomini") il pericolo maggiore sia quello avvertito dall'educatore e dal legislatore che si sentono minacciati dai "tossici". Ma è un (piccolo?) delirio, non è un fatto.
Un collegamento tra i termini "scientifico" e "razionale" è più che ragionevole, quasi ovvio. Ciò che è scientifico è sicuramente razionale, ma non viceversa. Ordinare i libri di uno scaffale secondo l'autore (o il titolo, il colore, la dimensione) è sicuramente razionale ma non scientifico: è un criterio, comodo, ma soggettivo. Inoltre dietro non c'è nessuna teoria esplicativa della realtà. Dedurre invece il peso di un atomo dal suo numero di protoni e neutroni è scientifico: ci si arriva con metodo seguendo degli esperimenti e una teoria esplicativa della realtà della materia. Ma anche nel caso dell'ordinamento dei libri abbiamo una sensazione di scientificità dovuta al fatto che è un criterio logico, verificabile (è possibile trovare quelli fuori posto) applicato sistematicamente. Queste sono tutte caratteristiche del pensiero scientifico ma che spesso ci facciamo bastare per definirlo tale anche quando non lo è. Una disquisizione epistemologica sul cosa sia la scienza, anche se importante, qui sarebbe noiosa, dato che interessa invece rilevare soltanto il punto di contatto tra "razionale" e "scientifico" e non la loro coincidenza che appunto non sussiste.
Vivere in un'epoca non scientifica, quindi, non significa vivere in un'epoca irrazionale.
L'idea che in un (lontano?) passato gli uomini non disponessero di tutto l'armamentario scientifico e che per questo vivessero secondo istinti e superstizioni ha dei risvolti importanti (pregiudizio evoluzionista, pregiudizio scientista) che meritano però, come la questione epistemologica di prima, di essere valutati in separata sede.
Ci interessa qui invece la relazione opposta, cioè come vivere in un'epoca scientifica non significhi vivere in un'epoca razionale. Non che ci volesse un genio: uno sguardo sul mondo e ci si arriva. Ma con quel cortocircuito semantico la pretesa scientificità di molte idee fa sí che vengano criticate di meno.
Trovo quindi che il gran difetto di vera cultura scientifica, sia alimentato prima di tutto da un difetto di razionalità.
Dato un triangolo rettangolo... un altro punto di contatto è dato da "razionale" e "freddo", che viene spesso stereotipato nel tizio calcolatore cuore di pietra o nel tizio matematico poco passionale (e pure un po' "palloso"). Ma di fronte ad un grosso dispiacere la cosa più razionale che si può fare è piangere, cioè riconoscersi profondamente tristi e questo non è sicuramente un comportamento freddo. Le emozioni profonde (sentirsi tristi per un dispiacere) non sono fredde, ma razionali anche se non scientifiche.
Questa confusione secondo me è significativa, perché in un'epoca come la nostra che si vuol definire scientifica, abbonda invece l'irrazionalità. Questa viene in un certo qual modo addirittura coltivata, nell'illusione di preservare (erroneamente) qualcosa di caldo e passionale in una vita che altrimenti, se fosse tutta razionale sarebbe (erroneamente) sentita fredda.
La gelosia non è il pepe in una storia d'amore, è solo un atteggiamento di sfiducia (dell'altro) e svalutazione (di sé). E' distruttiva.
Come la rabbia: in effetti l'amore "litigarello" non è eccitante, perché alla lunga è come minimo una gran rottura di coglioni.
Il "banale" teorema di Pitagora non ci salva da relazioni amorose infelici o da scelte politiche disastrose. Ma l'abitudine alla logica e alla fatica (a volte) del ragionamento, aiutano. Anche perché non sono in opposizione "al cuore". Non è questione di erudizione matematica ma di una certa disciplina razionale che si acquisisce, per esempio ma non solo, anche studiando la matematica o l'analisi logico-grammaticale. Questa disciplina è sempre più annacquata, nelle scuole e nelle università: il circolo vizioso è già avviato perché purtroppo il difetto di cultura scientifica alimenta il difetto già rilevante e determinante, di genuina emotività e di razionalità. Da qualche parte andrebbe interrotto.
A questo proposito, si dimostri che:
dato un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.
Marcello
Non mi riferisco al fatto che pochi conoscano il teorema di Shannon sui segnali digitali, che, se vogliamo, è da specialisti. Ma al difetto di forma mentis, che porta ad essere approssimativi, a non considerare i fatti, e ad essere un po' creduloni. Le conseguenze sono nefaste non solo per il progresso della scienza stessa (la quale in verità possiederebbe dei meccanismi per limitare i danni dovuti ai "vizi" di chi fa scienza), ma per la vita di tutti, ad ogni livello.
Dato un triangolo rettangolo... se in un anno (2007, fonte ministeriale, riportata da ADUC) in Italia muoiono 517 persone per overdose ma ne muoiono circa 24000 per cause legate all'alcool ciononostante si insiste sull'"emergenza droga".
Non si tratta ovviamente di incoraggiare i giovani a farsi le pere allegramente o ad impasticcarsi. Ma di giudicare le priorità, personali e soprattutto collettive nella giusta prospettiva. Cioè in una prospettiva razionale. Per ricollocare nella corretta dimensione il "problema droga" basterebbe riconoscere che il proprio pargolo ha una probabilità di morire per cirrosi epatica 50 volte superiore a quella di morte per overdose. L'attenzione educativa e legislativa andrebbe rivolta a proteggerci dai pericoli maggiori prima di tutto. E' evidente che in un modello culturale in cui il consumo di alcool è tollerato ("fa allegria" e "mezzo bicchiere non fa male a nessuno") o addirittura incoraggiato ("fa buon sangue" ed "è da uomini") il pericolo maggiore sia quello avvertito dall'educatore e dal legislatore che si sentono minacciati dai "tossici". Ma è un (piccolo?) delirio, non è un fatto.
Un collegamento tra i termini "scientifico" e "razionale" è più che ragionevole, quasi ovvio. Ciò che è scientifico è sicuramente razionale, ma non viceversa. Ordinare i libri di uno scaffale secondo l'autore (o il titolo, il colore, la dimensione) è sicuramente razionale ma non scientifico: è un criterio, comodo, ma soggettivo. Inoltre dietro non c'è nessuna teoria esplicativa della realtà. Dedurre invece il peso di un atomo dal suo numero di protoni e neutroni è scientifico: ci si arriva con metodo seguendo degli esperimenti e una teoria esplicativa della realtà della materia. Ma anche nel caso dell'ordinamento dei libri abbiamo una sensazione di scientificità dovuta al fatto che è un criterio logico, verificabile (è possibile trovare quelli fuori posto) applicato sistematicamente. Queste sono tutte caratteristiche del pensiero scientifico ma che spesso ci facciamo bastare per definirlo tale anche quando non lo è. Una disquisizione epistemologica sul cosa sia la scienza, anche se importante, qui sarebbe noiosa, dato che interessa invece rilevare soltanto il punto di contatto tra "razionale" e "scientifico" e non la loro coincidenza che appunto non sussiste.
Vivere in un'epoca non scientifica, quindi, non significa vivere in un'epoca irrazionale.
L'idea che in un (lontano?) passato gli uomini non disponessero di tutto l'armamentario scientifico e che per questo vivessero secondo istinti e superstizioni ha dei risvolti importanti (pregiudizio evoluzionista, pregiudizio scientista) che meritano però, come la questione epistemologica di prima, di essere valutati in separata sede.
Ci interessa qui invece la relazione opposta, cioè come vivere in un'epoca scientifica non significhi vivere in un'epoca razionale. Non che ci volesse un genio: uno sguardo sul mondo e ci si arriva. Ma con quel cortocircuito semantico la pretesa scientificità di molte idee fa sí che vengano criticate di meno.
Trovo quindi che il gran difetto di vera cultura scientifica, sia alimentato prima di tutto da un difetto di razionalità.
Dato un triangolo rettangolo... un altro punto di contatto è dato da "razionale" e "freddo", che viene spesso stereotipato nel tizio calcolatore cuore di pietra o nel tizio matematico poco passionale (e pure un po' "palloso"). Ma di fronte ad un grosso dispiacere la cosa più razionale che si può fare è piangere, cioè riconoscersi profondamente tristi e questo non è sicuramente un comportamento freddo. Le emozioni profonde (sentirsi tristi per un dispiacere) non sono fredde, ma razionali anche se non scientifiche.
Questa confusione secondo me è significativa, perché in un'epoca come la nostra che si vuol definire scientifica, abbonda invece l'irrazionalità. Questa viene in un certo qual modo addirittura coltivata, nell'illusione di preservare (erroneamente) qualcosa di caldo e passionale in una vita che altrimenti, se fosse tutta razionale sarebbe (erroneamente) sentita fredda.
La gelosia non è il pepe in una storia d'amore, è solo un atteggiamento di sfiducia (dell'altro) e svalutazione (di sé). E' distruttiva.
Come la rabbia: in effetti l'amore "litigarello" non è eccitante, perché alla lunga è come minimo una gran rottura di coglioni.
Il "banale" teorema di Pitagora non ci salva da relazioni amorose infelici o da scelte politiche disastrose. Ma l'abitudine alla logica e alla fatica (a volte) del ragionamento, aiutano. Anche perché non sono in opposizione "al cuore". Non è questione di erudizione matematica ma di una certa disciplina razionale che si acquisisce, per esempio ma non solo, anche studiando la matematica o l'analisi logico-grammaticale. Questa disciplina è sempre più annacquata, nelle scuole e nelle università: il circolo vizioso è già avviato perché purtroppo il difetto di cultura scientifica alimenta il difetto già rilevante e determinante, di genuina emotività e di razionalità. Da qualche parte andrebbe interrotto.
A questo proposito, si dimostri che:
dato un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sull'ipotenusa è equivalente alla somma dei quadrati costruiti sui cateti.
Marcello