Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

martedì 30 giugno 2009

Animali, uomini e bestie umane


“Un modo usato dagli uomini di cavalli tradizionali per insegnare al cavallo a fermarsi è quello della fune whoa, conosciuto anche come la W che corre. La fune whoa è lunga in genere dieci metri ed è attaccata al cavallo in modo che, tirandone l’estremità, i suoi anteriori si alzino fino a toccargi il petto. L’addestratore manda via il cavallo ad alta velocità. Quando sta per giungere alla fine della corda grida “whoa” strattonando l’estremità che ha in mano. Gli anteriori del cavallo vengono bloccati contro il petto e l’animale si abbatte al suolo, spesso sbattendo il muso. A volte si fratturano le gambe, saltano via i denti, ma dopo aver proceduto la procedura otto o dieci volte, il cavallo si fermerà non appena l’addestratore grida “whoa”. Naturalmente, solo se il cavallo è ancora in grado di farlo. (…) La fune whoa fu messa fuori legge nei primi anni cinquanta e da allora in poi le cose hanno iniziato a cambiare in meglio. (…) Pronunciando la parola “whoa!”, voglio che il mio cavallo si fermi; non voglio che riviva sensazioni di sofferenza e dominanza” (M.,Roberts, p.78-79, cfr.libriamici alla fine del post).

Monty Roberts, chiamato “l’uomo che ascolta i cavalli”, ha dedicato la vita a far conoscere un suo metodo di addestramento dei cavalli privo di violenza, chiamato JOIN-UP, che utilizza la conoscenza del linguaggio non verbale dei cavalli come strumento per comunicare con loro e creare un rapporto di collaborazione e di fiducia. Autore di libri divenuti bestseller mondiali, tiene corsi e dimostrazioni in tutto il mondo. Si è proposto di lasciare un mondo migliore (sia per gli uomini, sia per i cavalli) di quello che ha trovato … e ci sta riuscendo. Si possono visitare i siti

http://www.montyroberts.it


Anche Pat Parelli ha dato, assieme alla sua compagna, contributi significativi alla diffusione della “doma dolce”. Interessanti le sue dimostrazioni e i suoi video. Si può visitare il sito

http://www.parelli.com


La citazione iniziale, relativa alla vecchia e brutale modalità di addestramento dei cavalli negli Stati Uniti, oltre a far rabbrividire, porta a formulare delle domande inquietanti.
Il mio nonno forse si sarebbe espresso così: “ma come cazzo gli sono venute in mente idee di quel genere?” e va detto che, anche con formulazioni meno “colorite”, la domanda pertinente è proprio quella.
La questione è complessa, dato che la distruttività degli animali umani supera di gran lunga quella di qualsiasi animale. Gli animali sono capaci di violenza, ma solo per motivi ben comprensibili (la loro sopravvivenza e le esigenze o le paure ad essa collegate). Gli animali umani sono invece capaci di forme di brutalità e di sadismo apparentemente gratuite, che dipendono proprio dalla maggior complessità della loro natura. Essi, avendo una vita interiore più “grande”, ma anche più delicata di quella degli altri animali, hanno la possibilità di manifestare disfunzionamenti molto più frequenti e molto più gravi. Nella mia vita ho viso un cane impazzito, mentre vedo persone completamente fuori di testa ogni volta che apro un giornale.
I disturbi nella crescita individuale dei cuccioli umani sono frequenti perché le esigenze di contatto sono più sottili che negli altri animali e perché le risposte della figura di accudimento sono varie, complesse e non “programmate” su base istintiva. Le cagne, le cavalle, le gatte, ecc. curano i piccoli con risposte “predefinite” e fondamentalmente valide, mentre le madri dei cuccioli umani interagiscono con i figli in modi più liberi, creativi e quindi a volte in modi molto gratificanti e a volte in modi deficitari, o distruttivi. Se un accudimento standard (istintuale) e ben “collaudato” produce risultati standard (buoni), un accudimento “libero” produce risultati di tutti i tipi, da quelli eccellenti a quelli disastrosi.
Ciò ha delle conseguenze nella crescita dei cuccioli umani: se in certi casi crescono con vere inclinazioni violente, in casi più frequenti crescono apparentemente bene, ma con limitazioni più o meno gravi della loro sensibilità. Meno si è sensibili meno si è empatici (cioè spontaneamente portati a percepire e rispettare le sensazioni e le emozioni altrui). Per questo motivo anche persone non specificamente sadiche possono maltrattare animali (o altre persone, o bambini): non si rendono proprio conto di ciò che fanno.
Io vivo da molti anni con animali (cani) e sono molto attento a come si sentono, sul piano fisico e anche sul piano emotivo. Questo comporta dei sacrifici, ovviamente, che però non vivo come “doveri”, ma come esigenze mie: starei male io vedendoli trascurati o anche semplicemente annoiati. Tuttavia le persone sentono cose molto diverse interagendo con altre persone o con animali. Mi è capitato un paio di volte di portare dei cani dispersi che vagavano per strada ai loro proprietari e in entrambi i casi ho fatto esperienze sgradevoli. Nel primo caso ho chiesto come mai il cane fosse scappato dal recinto e il proprietario mi ha guardato come se gli avessi chiesto dove teneva parcheggiata la sua astronave: nessun recinto. Ogni giorno il cane scappava e rischiava di essere investito (oltre che di far morire delle persone causando un grave incidente). Nel secondo caso una donna con il vuoto negli occhi (incontrata in un bar dopo la mia telefonata) mi ha detto che i suoi cani vivevano liberi nella montagna perché avevano proprio il compito di impedire ai lupi di raggiungere le sue pecore. Tutto lì. Ogni tanto andavano in strada e a volte morivano. Nessun problema.

L’insensibilità è un fatto. E’ inutile dare colpe o scandalizzarsi se l’altra persona non sente. Nelle battaglie animaliste è importante la determinazione a raggiungere obiettivi significativi (contro la vivisezione, i maltrattamenti di ogni tipo, ecc.) ed è anche opportuno che si faccia leva sull’indignazione per certi comportamenti, dato che l’indignazione di alcuni aiuta altri (a volte) a riflettere e a volte indebolisce il muro dell’insensibilità.
Occorre però tener presente, in una logica non manichea e moralistica, che le persone che maltrattano o più spesso trascurano gli animali, manifestano ciò che corrisponde alla loro sensibilità. Ovviamente queste persone devono smettere di fare del male e devono essere colpite se non smettono. Devono però anche essere comprese in questa difficoltà a sentire che rende per loro “normali” dei comportamenti che risultano per altri assolutamente inaccettabili.
In Cina, Vietnam e Corea è ancora diffusa una pratica di una crudeltà inaudita: si preleva bile da orsi tenuti in gabbie anguste per fare medicinali o cosmetici. Questi orsi sono tenuti in una condizione di immobilità e di sofferenza continuativa non da gruppi di serial killer fuggiti da un manicomio criminale, ma da famiglie contadine. Gente che ha dei figli, che cerca di sbarcare il lunario. Nel nostro paese alcuni contadini hanno le galline in cortile e là invece hanno un orso in gabbia che patisce tormenti inimmaginabili ogni minuto di ogni giorno. Se quelle persone sentissero qualcosa non dormirebbero la notte. Sono invece tranquille, come le autorità responsabili, che sanno tutto. Jill Robinson da un decennio fa sforzi davvero ammirevoli per far sospettare a queste persone che quella crudeltà è una crudeltà. Ha ottenuto alcune modifiche delle normative vigenti e ha salvato e riabilitato centinaia di orsi. Si può visitare il sito

http://www.animalsasia.org/

Pensare alle persone poco sensibili come a delle persone “cattive” o “stronze”, in fondo è rassicurante: ci risparmia il dispiacere tener presente che davvero viviamo normalmente in prossimità di nostri simili che non sentono ciò che sentiamo noi. Che quindi sentono cose diverse da noi anche se sono in questione altri temi: l’educazione dei bambini, la convivenza sociale, la vita famigliare, i percorsi educativi, la dimensione politica. Dobbiamo accettare questa solitudine per attivarci con determinazione (e anche con una rabbia bella e calda, a volte), ma senza cupi rancori che limiterebbero la nostra sensibilità.

La storia del rapporto fra uomini e animali è anche la storia dei modi di pensare e sentire degli uomini. Ad un estremo troviamo crudeltà, insensibilità, violenza e all’altro estremo il desiderio di conoscere ciò che è “altro” rispetto a noi, con rispetto e benevolenza.

Voglio ricordare un documentario davvero ben fatto che riporta le varie tappe di un’esperienza unica compiuta da Jim Dutcher: l’inserimento di un essere umano (Jim) in un branco di lupi. Esperienza indiscutibilmente forte, aspra, ma anche struggente animata dal desiderio di comprendere “dall’interno” la vita dei lupi, i loro rapporti nel branco, il loro modo di vivere, sentire e agire. Un’esperienza diversa da quella dell’osservatore esterno che cerca di capire qualcosa da una certa distanza.

Uno dei migliori film di Jean-Jacques. Annaud (L’orso), oltre ad avere il pregio di mostrare con la delicatezza di una poesia ed il realismo di un documentario la storia di un cucciolo di orso rimasto orfano e di un orso adulto che lo prende sotto la sua protezione, ha un'altra caratteristica entusiasmante: mostra che anche il più ottuso degli uomini ha la possibilità, in certi casi, di sentire più di quanto era abituato a sentire e di capire ciò che non capiva. La scena del film in cui il cacciatore evita di abbattere l’animale finalmente esposto ad un tiro facile e impedisce anche al suo amico di sparare, ha in sé la carica epica dei migliori film drammatici centrati sullo scontro fra il bene e il male.
Un film caro, quindi, oltre che ben fatto e accuratamente costruito.
Un film prezioso anche perché è uno dei pochi in cui si tocca il tema del rapporto fra esseri umani e animali. Gli animali popolano i film: i cavalli dei film western, i cani dei film per bambini, animali di tutti i tipi nei cartoni animati. In genere però, il rapporto fra uomini e animali in quanto tale, non costituisce il tema dei film.
Possiamo quindi essere grati ad Annaud e all’autore del libro da cui è stato tratto il film (James Oliver Curwood), a cui si deve una delle più belle frasi relative al rapporto fra prede e predatori, fra uomini e animali:
The greatest thrill is not to kill but to let live
(l’esperienza più eccitante non è uccidere ma lasciare vivere).

Si può concordare con Curwood sul fatto che quell’esperienza sia davvero eccitante, a patto che ci siamo posti il problema di uccidere un animale. Si può aggiungere quindi che se non ci siamo posti quel problema, una delle esperienze più eccitanti che possiamo fare con gli animali è quella di colmare almeno in parte il baratro che separa il nostro e il loro mondo; quindi l’esperienza di cercare un contatto, un’armonia, una libera collaborazione con un essere tanto simile, ma anche tanto diverso da noi.
La diversità, la distanza, l’abisso sul piano della consapevolezza, della spontaneità e a volte anche della forza che ci separa dagli animali può sollecitare in noi paura, repulsione, sfida, ma anche la voglia di un’interazione.
Se riusciamo a rispettare la nostra natura animale, di fronte a un animale sentiamo un desiderio di sintonia e se riusciamo anche solo un po’ a realizzarla, tocchiamo uno dei lati della felicità.
I bambini lo sanno e non dovremmo mai negare a loro questa esperienza che li rende più sereni e li renderà più umani.

Ultima citazione:
“La paura è l’anticamera della violenza; l’ignoranza è l’anticamera della paura. Soltanto attraverso la comunicazione possiamo raggiungere la fiducia, ottenere la conoscenza ed incamminarci, quindi, sulla strada della non violenza. Credo fermamente che, in un mondo in cui poche persone hanno l’occasione di lavorare a contatto con i cavalli, possiamo almeno condividere il messaggio che i cavalli ci stanno comunicando: la violenza non è mai la risposta” (Monty Roberts, cfr. libriamici, p.103).


Libriamici

J. M. Masson (1995), Quando gli elefanti piangono, trad.it. Baldini & Castoldi, Milano, 1996
J. M. Masson (1997), I cani non mentono sull’amore, trad.it. Baldini & Castoldi, Milano, 1997
P. Parelli (1993), Natural Horse-Man-Ship, Western Horseman Inc., Colorado Springs,(CO)
M. Roberts (2000), Join-Up, la saggezza del cavallo per l’uomo, trad.it. Equitare, Iesa (SI), 2004


Filmamici

J. J. Annaud, L’orso
J. Dutcher, Wolves at Our Door
P. Parelli, The Seven Games
P. Parelli, Natural Horse-Man-Ship Course (3 videos)

Gianfranco

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