Premessa generale (relativa a tutti i post)

Questo blog esiste grazie ai contributi di vari autori. Il gruppo iniziale (che contiamo di allargare) non è omogeneo per molti aspetti (e non potrà né dovrà mai esserlo), ma condivide l’idea che il tempo della vita meriti di essere vissuto con consapevolezza e passione, anche se la cultura di massa, i rituali sociali .. (continua a leggere la premessa generale)

sabato 24 aprile 2010

La fabbrica dei politici e degli elettori


Vale la pena ricordare il modo nel quale Gandhi è riuscito a organizzare un'opposizione vincente ad una grande potenza imperialistica in un paese abitato da più di quattrocento milioni di persone:

“Egli [Gandhi] non si illudeva, ma sapeva benissimo che le lotte sono dure e lunghe, che nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio; perciò prima di aprire una campagna di lotta formava gruppi di volontari che lavoravano insieme nel servizio sociale, rendendosi utili intorno a loro. Questo serviva a preparare le persone nella disciplina. Poi Gandhi alzava l’appello per una campagna di lotta nonviolenta, di propaganda e di disobbedienza civile”. (Aldo Capitini, Attualità di Gandhi, articolo pubblicato postumo sulla rivista Azione Nonviolenta, anno VII, N.1, Gennaio 1970, interamente dedicata a Gandhi).


Vorremmo ora formulare tre domande per sviluppare alcune idee presentate nel POST Terzani, per una politica di testa e di cuore.


Prima domanda: come ci si mette in politica? La risposta a questa domanda può chiarire come mai dal parlamento non esca quasi nulla di positivo, come mai escano tante leggi demenziali e comunque come mai ciò che di positivo e di negativo diventa legge si collochi entro l’orizzonte ristretto della società data, cioè della società così come è.

Seconda domanda: perché ci si dedica alla politica? La risposta a questa domanda può chiarire molte cose e tra queste il dilagare della corruzione.

Terza domanda: si può fare qualcosa per mettere in gioco una nuova classe politica che manifesti sia impegno, sia immaginazione, sia onestà?

Le risposte riguarderanno ovviamente solo le forze politiche collocabili a sinistra, perché quelle di destra, dovendo tutelare gli interessi particolari dei ceti privilegiati sono “a posto” nella situazione attuale da cui ricavano la loro ragione d’essere. Un partito di destra (che tutela cioè gli interessi di chi ha già potere) sarebbe, con meno condannati, ballerine e mafiosi “esteticamente” più gradevole, ma svolgerebbe in modo più dignitoso una funzione comunque non finalizzata al bene comune, cioè all’unico scopo moralmente elevato attribuibile alla politica.

La risposta che proporremo può essere anticipata in questi termini: la selezione di una nuova classe di politici creativi, determinati e onesti può essere effettuata nell’ambito della sinistra, solo fuori dai partiti di sinistra (già divenuti centri autoreferenziali di potere economico) e fuori dai partitini di sinistra (sorti come orticello privato di un singolo leader). Se ci sono ancora aree o almeno fessure nella sinistra non coperte da organizzazioni già "bruciate" o "inquinate", queste possono generare la prima classe politica capace (forse) di prendere decisioni valide per il paese. Al momento non vediamo "ambiti" favorevoli alla selezione o alla crescita di una nuova classe politica e ci limitiamo a sperare che a) scoppino delle contraddizioni significative all'interno dei partiti-partitini vecchi e nuovi, b) che persone e raggruppamenti contraddittori rispetto ai loro partiti possano alimentare su basi diverse dal passato nuovi tipi di collaborazione fra i partiti e che c) un nuovo "Ulivo" gestito da persone nuove e per obiettivi nuovi rinnovi complessivamente la sinistra e la politica italiana.

Tale eventuale svolta non ha al momento molte possibilità di realizzarsi, dato che la sinistra è divisa e le sue componenti più "massicce" guardano al centro per nuove alleanze improbabili e comunque non auspicabili. Tuttavia vale la pena tenere presenti poche presenze vitali che in qualche modo si stanno facendo sentire all'interno delle strutture tradizionali della sinistra.



Risposta alla prima domanda

Ci si mette in politica o “crescendo all’interno del partito” o entrandoci “su presentazione”. Il primo caso è tipico dei giovani degli anni ’60 e 70: ingresso nella FGCI, poi nel PCI, elezione in un consiglio comunale o provinciale o regionale, poi elezione in parlamento. Il secondo caso è tipico delle persone meno giovani che, avendo già acquisito popolarità o potere, e potendo portare voti vengono inseriti in una lista.

Nel primo caso la tendenza “spontanea” all’obbedienza oppure l’esclusione dall’alto di chi discute troppo le direttive ufficiali, seleziona solo le persone motivate a stare nell’apparato. E perché ci si tiene tanto a stare nell’apparato, se non per fare carriera? Certo, alcuni idealisti possono fare questo percorso per altri motivi, ma se sono troppo “scomodi”, vengono tenuti ai margini. Chi ha successo in questo percorso ha, quindi, le caratteristiche mentali/culturali e le aspettative che facilitano l’adeguamento ad una macchina burocratica o addirittura la disponibilità ad entrare in giochi di potere (non necessariamente limpidi), per vantaggi personali e/o di partito. Quelli che, invece, entrano "su presentazione" hanno già potere e facilmente sono persone ambiziose e inclini a favorire giochi di potere o addirittura a generarli.

Risposta alla seconda domanda


Le motivazioni per cui, di fatto, nella maggior parte dei casi ci si dedica alla politica sono motivazioni balorde, come quelle per cui in genere (non sempre) ci si dedica ad altre attività professionali impegnative. Elenchiamo quindi i tipi peggiori nel novero degli "animali politici".

A) Ci sono i tipi “grigi”: sono inclini a stare "ordinati e coperti" e sono capaci di sottostare ai ricatti e di adattarsi ai diktat dei loro superiori, pur di raggiungere un posto “riconosciuto” abbastanza prestigioso grazie al quale sentirsi “a posto”.

B) Ci sono i tipi “rampanti”, capaci (pur obbedendo per un po’ e solo a qualcuno) di sfidare il prestigio di alcune persone "che contano", scommettendo sulla propria intelligenza e duttilità, pur di raggiungere un posto molto in vista, grazie al quale sentirsi superiori (cioè non sentirsi quelle piccole merde che in fondo sono convinti di essere).

C) Ci sono i tipi più rabbiosi che ambiziosi, i quali, come i rampanti, hanno grinta e determinazione; possono essere leader o gregari, ma fanno attività politica per scopi privatissimi (psicologici): combattere qualcosa o qualcuno identificato come il male allo scopo di sentirsi parte del mondo dei buoni.

Questi del gruppo C sono i personaggi politici meno soggetti a ricatti o a corruzione, ma se si mettono in testa che il fine giustifica i mezzi e se fra i mezzi fanno rientrare anche il denaro o il potere, possono cedere a qualsiasi “tentazione”. Forse sono più pericolosi degli altri proprio perché apparentemente "disinteressati" e inconsapevoli dei loro privatissimi tormenti. Anche gli altri non conoscono il dramma interiore da cui fuggono con l’accondiscendenza o l’arroganza, ma almeno sanno che vogliono affermarsi. Le “bestie politiche” del gruppo C (sempre più rare), invece sono convinte di essere in pratica dei missionari privi di esigenze personali. Sono quelle che nelle rivoluzioni tagliano più teste perché sono mosse anche dalla rabbia e non principalmente dalla paura come le “bestie politiche” A e B.

Le motivazioni migliori delle persone che fanno politica in modo costruttivo sono diversissime da quelle più frequenti ora elencate e sono anche le migliori per qualsiasi impegno di responsabilità (accademica, professionale, ecc.). Tali motivazioni sono riconducibili all’idea evangelica di amare il prossimo come se stessi. Esse non vanno confuse con gli atteggiamenti “missionari” di autoflagellazione per “la causa” in cambio di nulla. Le persone che fanno politica nel rispetto di sé e degli altri intendono vincere le loro battaglie assumendo posizioni radicali o facendo compromessi a seconda dei casi e non per rigidi preconcetti. Hanno a cuore la loro vita e quindi non si presentano come dei martiri. Non praticano la comica "autoriduzione degli stipendi", ma propongono riforme volte a ridurre a tutti i privilegiati (ed eventualmente anche a loro stessi)alcuni rivilegi. In ogni caso vogliono avere un riconoscimento (anche economico) del loro impegno professionale-politico, pur non aspirando ad arricchirsi o a diventare "più uguali degli altri", perché trattano il loro impegno come un lavoro serio e non come un privilegio. Solo il buon equilibro fra esigenze legittime personali-professionali e obiettivi socialmente significativi rende tali persone non ricattabili e non corruttibili.

Risposta alla terza domanda.

La politica richiede impegno quando ci si occupa dei problemi di tutti con inevitabili sacrifici personali. L'obiettivo perseguito può essere legittimo (il bene comune) o illegittimo (un sogno di "autoaffermazione" personale sul piano economico e/o su quello dell'immagine). Poiché non si possono scandagliare i cuori delle persone, l'unico modo per scoraggiare gli ambiziosi e lasciare spazio ai "professionisti della politica capaci e veramente sensibili" è la creazione di ostacoli che determinino automaticamente la selezione.

Un'azienda, quando assume una nuova persona vuole sapere cosa ha studiato e dove ha lavorato. Se una persona ha due lauree, ma ha cambiato lavoro dieci volte viene considerata sfavorevolmente, perché forse ha buone capacità, ma ha pure una personalità poco determinata o delle difficoltà relazionali. Un partito dovrebbe quindi selezionare i nuovi dirigenti valutando le loro conoscenze e la coerenza del loro impegno precedente. Solo in questo modo può prevenire scelte di "impegno" determinate da motivazioni superficili o addirittura discutibili. Tuttavia è ovvio che un partito marcio non può selezionare giovani politici in base a criteri validi.

Le persone invitate a partecipare attivamente alla vita politica dovrebbero già aver ottenuto dei risultati professionali e dovrebbero essersi già impegnate sul piano dello studio, della ricerca, della partecipazione politica, del volontariato, dimostrando nei fatti un loro coinvolgimento nelle problematiche sociali che la politica deve affrontare. Ovviamente non si può proibire a chi non ha queste caratteristiche di dare validi contributi. Però queste persone che non hanno una storia personale di impegno nel sociale non dovrebbero ricoprire subito ruoli di prestigio e, anzi, dovrebbero costruirsi all'interno del partito un "curriculum" tale da provare la loro sincera disponibilità ed il loro interesse alle questioni sociali. Le persone che fanno i fatti propri e che improvvisamente sulla via di Damasco vengono folgorati dalla passione politica e quindi vengono messe in una lsta ed elette in parlamento possono, in genere, essere utili alla collettività come un gatto può essere utile ad una società di topolini.

Purtroppo oggi la dignità e la compassione non accompagnano le carriere dei politici e questi, troppo spesso si barcamenano per avere consensi, anziché cercare consensi per realizzare buoni obiettivi. Troppo spesso parlano dei "problemi della gente" senza mostrare alcuna partecipazione a ciò che dicono e di cui, poi, nei fatti, non si occupano. Tuttavia, lo squallore della classe politica non nasce dal nulla, ma è l'effetto di un'indifferenza generale nei confronti della politica. Solo elettori insensibili possono avere dei motivi per identificarsi in personaggi che non sentono nulla, dicono banalità e fanno sciocchezze. La disponibilità a dar credito a candidati non credibili non ha le sue radici nell'ingenuità o nell'ignoranza, ma nell'insensibilità. E' solo per insensibilità che si dà credito a "guide" semplicemente improponibili. Il fenomeno della manipolazione delle masse è stato studiato, ma questa tendenza a "dare credito" non vale solo nei confronti dei grandi dittatori del passato, ma anche dei tanti piccoli imbroglioni del presente.

C'è però altro da notare. Sicuramente il consenso "attivamente" dato (col voto) ad una classe politica composta da delinquenti, da incapaci e anche da opportunisti che "dialogano" con i delinquenti e gli incapaci, è disastroso. E' però altrettanto disastroso il consenso "passivamente" dato (con la non partecipazione) agli stessi personaggi.

Una malattia che sta diventando endemica è quella della indifferenza alla politica. Tale malattia sociale è ragionevole quanto lo sarebbe l'indifferenza al paracadute per un paracadutista. E' ovvio che l'insensibilità degli "apolitici" o degli "antipolitici" è diversa dall'insensibilità dei fessi che si lasciano convincere da discorsi fondati sul nulla. Sempre di insensibilità però si tratta. Le persone che affermano beffardamente di "non interessarsi di politica", in realtà contribuiscono al consolidamento delle basi sociali di una grande fetta di sofferenza umana.

Purtroppo non si possono dare colpe a chi non capisce la gravità degli effetti del non fare nulla. Come pretendere una sensibilità che non c'è? Come ergersi a giudici di persone che di fronte a politici "improbabili" fanno spallucce credendo di non essere legati a filo doppio con tutto il male che viene perpetrato con il loro tacito consenso? Come pretendere che chi non capisce di far parte di un tutto abbia voglia di capire cosa sta accadendo e di fare qualcosa nella direzione di un cambiamento? La passività che deriva da idee superficiali e da sentimenti fiacchi costituisce una forza materiale immensa, che sfuggì all'analisi di chi concepiva fra le determinanti della società solo i fattori economici ed i fattori ideologici. Eppure un'economia ingiusta ed una ideologia che oltre ad essere "di parte" è banale, si reggono sulle solide fondamenta dell'indifferenza, dell'insensibilità, del vivere con il paraocchi.

Il mondo è nelle mani di poche persone che sprecano le loro vite rovinando le vite altrui e che, pur accumulando dei privilegi sono sempre più insoddisfatte, anche se compiaciute. Tale mondo squallido è anche descritto da "pensatori" che trattano i disastri sociali come semplici fenomeni statistici. Quindi i potenti che si arricchiscono sulla miseria dei poveri rovinano il mondo e gli ideologi giurano che questo mondo è l'unico possibile. Queste due cose, cioè l'economia perversa e l'ideologia "giustificativa" determinano un fiume di sofferenza. Ma tale fiume viene alimentato dall'indifferenza di chi non sta malissimo e se ne frega di chi sta peggio e anche di chi sta malissimo, ma non osa immaginare una vita diversa. Troppe persone con la loro passività confermano un presente inaccettabile anche se credono di non far nulla. Persone che vivono nel mondo dei sogni e proprio per questo non osano fare quei sogni bellissimi che possono diventare impegno, partecipazione e cambiamento.

Queste persone sono, con la loro indifferenza, di fatto, corresponsabili della cultura del nulla che aleggia nei rapporti interpersonali e nell'ideologia di massa. Ma sono anche le vittime di un'immersione in tale ideologia che li ha plasmati, prima che si chiedessero cosa volevano fare da grandi. Per questo non è ragionevole disprezzare queste mandrie di anime perse, ma vale la pena tentare di scuoterle, sperando che almeno qualche persona addormentata possa emettere un gemito, uscire dal branco, versare una lacrima e correre verso altre persone già stanche di non capire e di non sentire.

La fabbrica dei politici è quindi l'insieme delle strutture statali e partitiche che "selezionano" nel modo peggiore chi aspira a fare politica, accogliendo i meno adatti e respingendo o demotivando i più adatti.

La fabbrica degli elettori è più diffusa: è l'intera cultura che descrive la società in modi deformati e prescrive illusioni, lasciando margini di riflessione critica solo alle persone più colte e sensibili. Questo magma ideologico reazionario, qualunquista, tradizionalista, pseudomoderno o postmoderno e comunque banale produce idee vuote e banalizza i sentimenti rendendo molto difficile un dissenso: capire e sentire la società, in questo contesto è difficilissimo perché richiede il coraggio di mettere in dscussione tutta l'impalcatura del pensare e del sentire normalmente accettati e diffusi attraverso i mezzi di comunicazione di massa.

Non è facile che l'attuale classe politica si autoriformi e non è nemmeno facile che l'oscura cultura di massa imploda e produca una luce abbagliante. E' però sicuramente opportuno appoggiare ogni contributo orientato nella direzione di trasformazioni radicali, perché ogni consapevolezza limpida basata su sentimenti puliti è già da ora una spina nel fianco del sistema e perché in qualsiasi momento "critico" può costituire una forza già disponibile per un piccolo o grande cambiamento positivo.

Gaetano e Gianfranco

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